venerdì 21 ottobre 2011

Bene non è benissimo


Sicuramente l’autocommiserazione non è una cosa che mi appartiene. Di più, sicuramente l’autocommiserazione non è una cosa che sopporto. Di più, l’autocommiserazione mi rende violenta e spietata. Di più, per me l’autocommiserazione è di per sé ragione sufficiente (anche se non necessaria ) per giustificare un nuovo olocausto.
Sicuramente non è facile dunque per una persona come me abitare nella terra del lamento e del pessimismo. Specifico, non il pessimismo cosmico che aveva un affascinante respiro trascendentale, bensì quello mediocre dei poveretti, il lamento fastidioso di gente a cui non succede assolutamente nulla nella vita e che quindi deve aggrapparsi ad eventi totalmente insignificanti pur di lagnarsi.
E la loro misera esistenza da esseri lagnosi consiste principalmente nella ricerca di un altro da sé con cui condividere tali lagne. Perché l’unica cosa assolutamente necessaria per la vittima della società non è assolutamente una società che li renda vittime, bensì qualche povero cristo che magari ha un negozio e che quindi lascia aperta la porta a chiunque voglia entrare, un povero cristo che lo ascolti e che annuisca a quello che dice.
L’unica misura di relazione conosciuta e cercata è quella che si fonda sul confronto, che immediatamente diventa sfida, e poi subito dopo scontro, tra le disgrazie della vittima e quelle del povero cristo. E in questa situazione, per me ormai quotidiana, ecco che improvvisamente la vittima diventa carnefice, nella miglior tradizione alla Philip Zimbardo, scaricando tonnellate di inutile linguaggio spazzatura sull’interlocutore. E io, interlocutrice, che odio il vittimismo, divento non solo vittima, ma anche povera crista, cioè la dea di tutte le vittime del pianeta. E’ una cazzo di situazione che odio. Anche perché, come noterà il mio lettore, mi obbliga a lamentarmi.
A questo punto le strade sono due. Io sarei una guerriera, o forse lo ero e non lo sono più, non so, però diciamo che essendo in territorio nemico, anche se sono nel mio negozio, in quanto il mio negozio è ubicato in terra nemica, e siccome non ci sono alleati all’orizzonte e sono totalmente sola, e siccome soprattutto non ho voglia di immolarmi per una causa che sì sinceramente non è proprio la più importante della terra, ecco allora, anche se sono guerriera e vorrei iniziare subito il mio olocausto cominciando a mietere la prima vittima, penso di non avere intorno le condizioni adatte e quindi scelgo la strategia del mimetismo. Cerco di essere come loro. Di mantenere un basso profilo e mi presto allo scontro.
Scontro nel quale è assolutamente inutile cimentarsi in quanto, anche se uno si impegna con tutte le sue forze, e recupera episodi della propria esistenza che farebbero piangere anche il bambino della Kinder, e che farebbero dire pure al più lagnoso esistenzialpessimistapoetamaledettocrepuscolarscapigliato “bè, però cazzo, tutto sommato te la sei passata male anche tu” , ecco, anche se ti impegni a rendere tutto più triste del triste, anche se alla fine menti e non racconti più di te, ma magari racconti la trama di “La bellissima estate” o dell’”Ultima neve di primavera”, ecco, comunque, per quanto di certo il tuo vocabolario sia estremamente più ricco e la tua fantasia più fervida e sicuramente più macabra, ecco, anche se a 15 anni cazzo eri pure dark, quindi più di così, ecco, comunque al tuo interlocutore alessandrino è andata peggio che a te.
Ma non gli è andata peggio nel senso che gli è successo qualcosa, qualunque cosa, no, è l’attitudine che tende al disfattismo totale che a me manca e per cui non posso competere. E’ un modus vivendi che non è mio e lui lo sa, lo sente nell’aria, dall’odore della mia pelle. Puzzo di ottimismo e vitalità, di gioventù e salute. Non piacerò mai agli alessandrini per questo motivo. Non sono una di loro e loro lo sanno subito.
Da quando entrano in negozio e mi chiedono “Allora come va?” .
Poi un giorno è successo. Entra uno degli uomini più validi dell’esercito degli Autocommiseratori e mi pone la domanda di rito per poter iniziare la solita disfida. Ma mi coglie sovrappensiero e mi sbaglio e dico la verità, dico “bene”. E allora penso ecco forse così ho vinto, forse l’ho messo in scacco perché non si aspettava questa risposta. Ecco, forse oggi lo porto nel mio terreno, quello in cui posso vincere, il terreno che odia il lamento e il vittimismo, ecco forse l’ho scampata e non dovrò sorbirmi 5 ore di racconti di quanto cazzo sei povero prendendo 1500 euro di pensione al mese (???), di quanto sei stanco delle code in posta, di quanto hai litigato con tua figlia per come si cucina la lepre, dell’incidente in auto che ha avuto tuo cugino di 9° grado in cui cmq non si è fatto niente ma ora la macchina è ammaccata –bè c’è l’assicurazione, -eeeeeeeeeh bè, ma quelli i soldi chissà quando glieli danno, dei 34761328765 tumori che hanno i suoi 456378765 parenti, di quanto sua figlia sia una rompicoglioni perché gli sbologna sempre la nipote (ma come, l’amore dei nonni???), di quanta fatica ha fatto a togliere tutti i pezzettini di carta dal suo balcone per colpa di quel maledetto pazzo del vicino di sopra (o come si dice…) che ogni volta legge il giornale poi lo fa a pezzi e lo butta tutto sul suo balcone. Ecco forse oggi tutto questo non succederà. Non gli ho dato l’aggancio. Ho sempre sbagliato a fingermi come loro e a mettermi in questo gioco al massacro in cui sarei sempre stata perdente e in cui avrei sempre e cmq, nonostante gli sforzi, mostrato la mia diversità essenziale.
Sì, la soluzione era questa. Mostrarmi senza paura. In tutta la mia forza e positività. “Allora, Come va?” “Bene”…..però a quel punto il mio avversario capisce che voglio evitare lo scontro, sente l’odore della mia paura. E allora, con espressione luciferina e voce infernale, dice quella frase che fa capire tutto…che fa capire che sa che volevo evitarlo. Che fa capire che io so di essere perdente in questo campo. Che fa capire che vorrei fuggire perché lui è superiore. “EEEEEEH (sospiro) BENE NON E’ BENISSIMO….”
Sì, cazzo, hai ragione, hai vinto, sei tu il mio Dio e Signore dell’autocommiserazione, Non potrò mai competere. Hai capito tutto. E anche oggi hai vinto.
Rimango senza parole, e lui attende che io attacchi con qualcosa che mi è andato storto, ma lì sul momento sono spiazzata, non mi viene in mente niente. Non so cosa dire e faccio il primo grande errore dello scontro, lascio a lui il tempo di prendere parola. E così comincia il solito massacro. Non posso far altro che gettare le armi e sopportare il dolore sperando che tutto sia il più breve possibile. E poi riprendere, come sempre da perdente, la mia purtroppo felice esistenza.