Sicuramente l’autocommiserazione non
è una cosa che mi appartiene. Di più, sicuramente
l’autocommiserazione non è una cosa che sopporto. Di più,
l’autocommiserazione mi rende violenta e spietata. Di più, per me
l’autocommiserazione è di per sé ragione sufficiente (anche se
non necessaria ) per giustificare un nuovo olocausto.
Sicuramente non è facile dunque per
una persona come me abitare nella terra del lamento e del pessimismo.
Specifico, non il pessimismo cosmico che aveva un affascinante
respiro trascendentale, bensì quello mediocre dei poveretti, il
lamento fastidioso di gente a cui non succede assolutamente nulla
nella vita e che quindi deve aggrapparsi ad eventi totalmente
insignificanti pur di lagnarsi.
E la loro misera esistenza da esseri
lagnosi consiste principalmente nella ricerca di un altro da sé con
cui condividere tali lagne. Perché l’unica cosa assolutamente
necessaria per la vittima della società non è assolutamente una
società che li renda vittime, bensì qualche povero cristo che
magari ha un negozio e che quindi lascia aperta la porta a chiunque
voglia entrare, un povero cristo che lo ascolti e che annuisca a
quello che dice.
L’unica misura di relazione
conosciuta e cercata è quella che si fonda sul confronto, che
immediatamente diventa sfida, e poi subito dopo scontro, tra le
disgrazie della vittima e quelle del povero cristo. E in questa
situazione, per me ormai quotidiana, ecco che improvvisamente la
vittima diventa carnefice, nella miglior tradizione alla Philip Zimbardo, scaricando tonnellate di inutile linguaggio spazzatura
sull’interlocutore. E io, interlocutrice, che odio il vittimismo,
divento non solo vittima, ma anche povera crista, cioè la dea di
tutte le vittime del pianeta. E’ una cazzo di situazione che odio.
Anche perché, come noterà il mio lettore, mi obbliga a lamentarmi.
A questo punto le strade sono due. Io
sarei una guerriera, o forse lo ero e non lo sono più, non so, però
diciamo che essendo in territorio nemico, anche se sono nel mio
negozio, in quanto il mio negozio è ubicato in terra nemica, e
siccome non ci sono alleati all’orizzonte e sono totalmente sola, e
siccome soprattutto non ho voglia di immolarmi per una causa che sì
sinceramente non è proprio la più importante della terra, ecco
allora, anche se sono guerriera e vorrei iniziare subito il mio
olocausto cominciando a mietere la prima vittima, penso di non avere
intorno le condizioni adatte e quindi scelgo la strategia del
mimetismo. Cerco di essere come loro. Di mantenere un basso profilo e
mi presto allo scontro.
Scontro nel quale è assolutamente
inutile cimentarsi in quanto, anche se uno si impegna con tutte le
sue forze, e recupera episodi della propria esistenza che farebbero
piangere anche il bambino della Kinder, e che farebbero dire pure al
più lagnoso
esistenzialpessimistapoetamaledettocrepuscolarscapigliato “bè,
però cazzo, tutto sommato te la sei passata male anche tu” , ecco,
anche se ti impegni a rendere tutto più triste del triste, anche se
alla fine menti e non racconti più di te, ma magari racconti la trama
di “La bellissima estate” o dell’”Ultima neve di primavera”,
ecco, comunque, per quanto di certo il tuo vocabolario sia
estremamente più ricco e la tua fantasia più fervida e sicuramente
più macabra, ecco, anche se a 15 anni cazzo eri pure dark, quindi
più di così, ecco, comunque al tuo interlocutore alessandrino è
andata peggio che a te.
Ma non gli è andata peggio nel senso
che gli è successo qualcosa, qualunque cosa, no, è l’attitudine
che tende al disfattismo totale che a me manca e per cui non posso
competere. E’ un modus vivendi che non è mio e lui lo sa, lo sente
nell’aria, dall’odore della mia pelle. Puzzo di ottimismo e
vitalità, di gioventù e salute. Non piacerò mai agli alessandrini
per questo motivo. Non sono una di loro e loro lo sanno subito.
Da quando entrano in negozio e mi
chiedono “Allora come va?” .
Poi un giorno è successo. Entra uno
degli uomini più validi dell’esercito degli Autocommiseratori e mi
pone la domanda di rito per poter iniziare la solita disfida. Ma mi
coglie sovrappensiero e mi sbaglio e dico la verità, dico “bene”.
E allora penso ecco forse così ho vinto, forse l’ho messo in
scacco perché non si aspettava questa risposta. Ecco, forse oggi lo
porto nel mio terreno, quello in cui posso vincere, il terreno che
odia il lamento e il vittimismo, ecco forse l’ho scampata e non
dovrò sorbirmi 5 ore di racconti di quanto cazzo sei povero
prendendo 1500 euro di pensione al mese (???), di quanto sei stanco
delle code in posta, di quanto hai litigato con tua figlia per come
si cucina la lepre, dell’incidente in auto che ha avuto tuo cugino
di 9° grado in cui cmq non si è fatto niente ma ora la macchina è
ammaccata –bè c’è l’assicurazione, -eeeeeeeeeh bè, ma quelli i
soldi chissà quando glieli danno, dei 34761328765 tumori che hanno i
suoi 456378765 parenti, di quanto sua figlia sia una rompicoglioni
perché gli sbologna sempre la nipote (ma come, l’amore dei
nonni???), di quanta fatica ha fatto a togliere tutti i pezzettini di
carta dal suo balcone per colpa di quel maledetto pazzo del vicino di
sopra (o come si dice…) che ogni volta legge il giornale poi lo fa
a pezzi e lo butta tutto sul suo balcone. Ecco forse oggi tutto
questo non succederà. Non gli ho dato l’aggancio. Ho sempre
sbagliato a fingermi come loro e a mettermi in questo gioco al
massacro in cui sarei sempre stata perdente e in cui avrei sempre e
cmq, nonostante gli sforzi, mostrato la mia diversità essenziale.
Sì, la soluzione era questa. Mostrarmi
senza paura. In tutta la mia forza e positività. “Allora, Come
va?” “Bene”…..però a quel punto il mio avversario capisce
che voglio evitare lo scontro, sente l’odore della mia paura. E
allora, con espressione luciferina e voce infernale, dice quella
frase che fa capire tutto…che fa capire che sa che volevo evitarlo.
Che fa capire che io so di essere perdente in questo campo. Che fa
capire che vorrei fuggire perché lui è superiore. “EEEEEEH
(sospiro) BENE NON E’ BENISSIMO….”
Sì, cazzo, hai ragione, hai vinto, sei
tu il mio Dio e Signore dell’autocommiserazione, Non potrò mai
competere. Hai capito tutto. E anche oggi hai vinto.
Rimango senza parole, e lui attende che
io attacchi con qualcosa che mi è andato storto, ma lì sul momento
sono spiazzata, non mi viene in mente niente. Non so cosa dire e
faccio il primo grande errore dello scontro, lascio a lui il tempo di
prendere parola. E così comincia il solito massacro. Non posso far
altro che gettare le armi e sopportare il dolore sperando che tutto
sia il più breve possibile. E poi riprendere, come sempre da
perdente, la mia purtroppo felice esistenza.