giovedì 16 febbraio 2012

Alcuni metodi (abbastanza inefficaci) per sopravvivere a me stessa

 Per la serie: guarda un po’ cosa ti vado a scoprire alla bell’età di 28 anni! Ho infatti appreso solo in questi mesi che quella che pensavo essere pressione bassa era invece agorafobia. E che quelli che definivo cali di zuccheri erano invece attacchi di panico.
A compensare queste sconcertanti rivelazioni, ho anche appreso che quella che definivo ansia in realtà era felicità. E quella che credevo serenità, era noia.
Comunque, al di là della confusione che ho a livello emozionale, sempre che io possegga un livello emozionale, avendo scoperto di soffrire di attacchi di panico, ho mio malgrado cercato dei rimedi per superarli, in quanto sono povera e i poveri se la devono, come sempre, sbrigare da soli. Soprattutto se vivono in posti in cui la psicologia ha la stessa rilevanza sociale dell’alchimia, per cui gli psicologi vengono visti come strani maghetti che fanno le cose con la mente. E se tu, povera, vuoi usufruire di uno psicologo del servizio pubblico, devi comunque passare da altri 6 o 7 medici prima, tanto per essere sicuri di conoscere tutti il mostro che cerca un sostegno proprio da quello lì che fa le cose con la mente e che non è invece un uomo di scienza come loro. E poi ovviamente diffondere il tuo identikit. Quindi, come sono solita fare, mi sono arrangiata e rimboccata le maniche per fare a modo mio.
Devo dire che in realtà gli attacchi di panico non li ho per niente vinti. Tuttavia sono diventata invincibile nell’evitare le situazioni che li possono causare, il che per una povera psicopatica è già un ottimo traguardo.  E questo per me non è tanto un limite a quello che vorrei fare, quanto un problema organizzativo.
Allora, essendo che non posso evitare tutti i luoghi pubblici, anche se per me sarebbe un sogno, ho creato una personale classifica dei posti ok, quelli ok da ubriaca, quelli ok se accompagnata, quelli ok ma fingendomi morta e quelli assolutamente no mio dio ti prego.
Non so bene in base a cosa un posto finisca in una categoria piuttosto che in un’altra, però mi sono fatta coraggio e, per capirlo, ho iniziato a frequentare tutti i posti possibili e immaginabili che potrei frequentare in tutta la vita, per poter empiricamente e a posteriori inserire ogni luogo in una tipologia precisa e sapere, di conseguenza, come comportarmi. Da quanto analizzato, e vi assicuro, è stato un lavoro davvero lungo e faticoso, ho appreso che il posto peggiore per me rimane la posta. Lì, in una frequentazione di due giorni consecutivi, in cui mi sono inventata commissioni e raccomandate che in realtà non esistevano, ho collezionato ben due collassi. Uno senza nemmeno riuscire a raggiungere l’uscita. Con il conseguente allarme da parte di tutti i presenti che a fatica ho convinto a non chiamare un’ambulanza. Ho detto la solita cosa della pressione bassa, ed è sembrato andare bene.
Quindi in posta non ci posso assolutamente andare. Tuttavia è facile delegare qualcuno, quindi non è un grosso problema. Banca vado bene accompagnata. Mezzi pubblici niet.  Quelli mai, ma tanto c’ho la macchina. La macchina ok, anche in coda. Concerti sì, se accompagnata e ubriaca. Cene con amici e parenti sì, ma fingendomi morta. Veterinario no. Ospedale assolutamente no. Soprattutto durante operazioni chirurgiche. Ho infatti deciso per testare la mia resistenza durante un ipotetico intervento, di farmi asportare chirurgicamente un neo sulla schiena. Benissimo, sono collassata anche se ero sdraiata e avevo la mascherina dell’ossigeno. E non è per impressione del sangue, dei tagli, delle cose. Chi mi conosce sa che invece apprezzo molto il genere. Quindi se dovessi aver bisogno di andare in ospedale per qualche motivo non potrò fare altro che lasciarmi morire a casa. Vabbè, per ora sono giovane e forte. Spero di trovare una valida soluzione entro la mezz’età, che è lì che cominciano i problemi.
Negozi affollati no. Altrimenti vado bene anche da sola. Supermercati vado bene accompagnata, ma solo se ci sono già stata in precedenza. Mostre, musei, et similia sono una sofferenza, ma devo per forza frequentarli, non come gli ospedali che se mai mi lascio morire. Lì resisto solo se faccio un giro di perlustrazione iniziale che mi consente di individuare le vie d’uscita. Sagre di paese, solo se ubriaca tanto da potermi fingere morta.
Analizzando quindi le categorie iniziali, si può notare che la maggior parte dei luoghi posso affrontarli da ubriaca o accompagnata. Diciamo che quindi la mia personale cura contro gli attacchi di panico consiste nell’alcol e nell’avere qualcuno con cui instaurare un rapporto di dipendenza e morbosità tale da non potersi quasi mai separare, qualcuno abbastanza paziente da accompagnarti in tutti i posti appartenenti alla relativa categoria. Fortunatamente a 16 anni mi sono portata avanti con il lavoro, iniziando a bere le cose peggiori del mondo, che mi hanno spappolato lo stomaco rendendomi praticamente intollerante all’alcol (questo ovviamente è un bene, perché basta pochissimo per sbronzarmi e stare male ^^), e soprattutto conoscendo il ragazzo che sarebbe diventato l’uomo che ho sposato. Quindi non sono arrivata a 28 anni del tutto sprovveduta, ma avendo già alcol e rapporto morboso come sicuro salvagente della mia vita. E infatti, checché ne dicano, sono cose che mi sono tornate utili.
Per quanto riguarda l’ansia, anche quella ho imparato a combatterla empiricamente, accendendo la tivvù. NON INTERNET, perché la sociopatia la accuso anche a livello virtuale e se accendo il computer vengo inspiegabilmente sempre ingoiata da fb che mi provoca attacchi di panico, proprio come se fossi in una piazza gremita.
E sempre in tema di ansia, in questo periodo ho fatto un’altra eccezionale scoperta, come accennavo all’inizio. E’ stata proprio un’illuminazione che mi ha colto di sorpresa un mattino appena sveglia: spalanco gli occhi con la tachicardia e dico, no cazzo mi sveglio già con l’ansia… Poi mi fermo a pensare e capisco che non è ansia. E’ tipo, non so bene come dire, forse, bo, emozione. Cioè emozione è generico, perché le emozioni possono essere infinite…ma quella era proprio emozione di quando uno dice sono emozionato. Cioè qualcosa di felice. Di gioioso. Cazzo. Infatti sto passando uno dei periodi più belli della mia vita e quindi ha più senso che mi svegli felice piuttosto che ansiosa.
Purtroppo faccio ancora tantissima fatica a distinguere l’ansia dalla felicità, non so come faccia la gente normale a capirlo in automatico. Comunque, devo dire che questo mi ha portato a riconsiderare una serie di aspetti della mia vita e del mio spirito. In primis ho dovuto ammettere che, contro ogni aspettativa, io in realtà non sono una persona depressa e con un’innata tendenza al suicidio e al disprezzo della vita, bensì sono una persona FELICE, molto felice. Pensavo ansiosa. E invece no. FELICE. Cazzo. E pensare che ho sempre fatto di tutto per negarlo. Cioè la felicità fa un po’ anche povertà mentale. Almeno credevo così.
Comunque non sono proprio certa dei risultati di questa nuova impostazione mentale. Devo ancora trovare un metodo empirico che mi consenta di distinguere uno stato dall’altro con assoluta certezza. Chi mi conosce un po’ si accorge facilmente di tale differenza dal colore della mia pelle, che cambia moltissimo a seconda del mio umore, dal mio grado di loquacità, dalla frequenza del turpiloquio e dagli occhi che mi cominciano a girare tantissimo quando vengo attanagliata dai miei strani e oscuri pensieri.
Tendenzialmente l’unica discriminante che sono riuscita a trovare è che quando provo degli stati emotivi negativi, come ansia e depressione, sono naturalmente attratta dal black metal, che mi mette sempre di buonissimo umore. Però non è proprio un metodo scientifico esatto, perché il black metal è curativo per tantissime altre cose, tipo il freddo dell’inverno o guidare con la nebbia. Quindi, vabbè, per capire la felicità devo ancora sperimentarla per un po’. Ma fortunatamente, sempre che non debba improvvisamente recarmi in ospedale per qualche motivo, il che appunto significherebbe dovermi lasciare morire, la mia vita dovrebbe essere ancora abbastanza lunga e probabilmente anche felice da consentirmi di trovare un metodo scientifico anche per queste nuove ed impenetrabili categorizzazioni. O se no basta ascoltare un po’ di black metal ogni giorno, che funziona un po’ come la mela che tiene lontano il medico, ma con gli psicologi e i mali dell’anima. Che sia felice o disperata, quello non fa mai male e un sorriso me lo ridà sempre.

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