giovedì 19 aprile 2012

La più che sostenibile leggerezza dell'essere un peso per gli altri


La primavera è arrivata volando sulle ali dell’Alprazolam. E’ planata un giorno in giardino e mi ha colto nella solita disperazione esistenziale di chi vive nella condanna dell’insoddisfazione data da aspettative esageratamente elevate rispetto alle proprie possibilità.
La primavera ha deciso per me che è arrivato il tempo delle pulizie. Ovviamente non parlo di pulizie domestiche, che dio me ne scampi. Parlo di eliminare il superfluo.
Le prime cose totalmente inutili di cui intendo sbarazzarmi sono la mia ostinazione e il mio rigore. Basta! Voglio vivere da debosciata. Smettere di lavorare. Farmi mantenere da qualcuno. Lamentarmi tantissimo di tutto. Lamentarmi su Facebook della mia esistenza inutile e vuota. Ubriacarmi e pubblicare le foto mentre vomito e prendere 289 mi piace da tutti quei coglioni che, mentre ero ripiegata sul cesso il martedì sera, stavano andando a riposare con già l’ansia della giornata lavorativa successiva.
Lamentarmi che non ho i soldi e farmi pagare le cose da tutti. Soprattutto da quelli che, non avendo di meglio da fare, quei soldi se li sono pure guadagnati.
“Eeeeeh, beati voi che lavorate. Io stasera non posso nemmeno permettermi una birretta…. (ndr: ovviamente si deve usare proprio il termine birretta, perché il fatto di farla apparire come una cosa piccola e carina utilizzando un vezzeggiativo, porta l’interlocutore a farsi maggiormente ingannare e a cadere nella trappola che gli sto sagacemente tendendo…se chiedessi una birrona lo spaventerei, chissà quanto costa una birrona…sempre uguale, tanto mi prendo comunque una media delle più care, perché a me, adesso che sono mantenuta, povera ma esistenzialista, piace solo la birra artigianale irlandese fermentata nelle botti medievali di sta minchia e imbottigliata nel vetro di murano di sto cazzo)… Certo, esco tutte le sere, anche quando voi state a casa perché l’indomani vi tocca sbattervi, ed efettivamente sì, sono sempre in giro per locali, mentre voi risparmiate facendo la spesa alla LIDL, ma, non si capisce come mai, sono povera. Stasera mi sa che non ho nemmeno i soldi per una BIRRETTA…. Ma no dai, non posso accettare…. Vabbè però se insisti…. Ti ringrazio. Poi appena troverò lavoro mi sdebiterò” (eheh, certo, visto che la mia prospettiva è di non lavorare mai più).
Voglio chiedere i sussidi al Comune per qualcosa. Non so, perché sono povera, perché sono triste, perché non sono integrata, perché sono depressa. Insomma per qualcosa. Voglio essere un peso sociale. Sì. Una 28enne che potrebbe lavorare, ma che siccome c’ha l’animo ipersensibile da artista maledetta non ce la fa a piegarsi e allora si fa mantenere dalle tasse di tutte quelle persone grigie e incasellate, che disprezza.
Bè certo. Voglio essere un peso sociale e lamentarmi tantissimo di tutto. Del fatto che non lavoro. Del fatto che non ho una casa mia. Voglio essere libera di stare malissimo.
E poi sbarazzarmi della forza di volontà. Basta essere volenterosa. D’ora in avanti non vorrò più niente. Non voglio più impegnarmi in niente. Lasciarmi andare. Non reagire più. Diventare debole. Di quelle persone di cui dicono No dai poverina, non facciamole del male perché è fragile. Esatto. Voglio essere fragile. Essere accudita. Trattata con più cura delle altre persone perché magari potrei reagire male. No, non diamole questa notizia che magari poverina ci resta male e fa una stupidata. Ecco sì. Fare le stupidate.
Tipo, non so, infilarmi nella vasca da bagno, tagliarmi le vene (ma appena appena però, perchè ovviamente ora sono più attaccata alla vita che mai, dato che sono debosciata e faccio il cazzo che voglio, anche se  dico che voglio morire sempre) telefonare ad un’amica per dirle Aiuto, mi sono tagliata le vene perché la mia vita fa schifo. Aiutami tu, ti prego. E gettarla nel panico. Farla viaggiare in macchina col cuore in gola, in piena notte anche se l’indomani lavora. Farla arrivare. Piangere sulla sua spalla. Farmi fare la camomilla. Ringraziarla. Scusarmi fingendomi umiliata di averla disturbata in piena notte. E andare a dormire. Senza pensieri. E mentre la mia amica ancora preoccupata si sveglia il mattino dopo alle 6.30 con le occhiaie e le lacrime seccate, perché ha pianto per me, e i vestiti che non si è stata a togliere tanto dopo poche ore andava a lavorare, svegliarmi bella riposata verso mezzogiorno e mezza, postare le foto su Facebook con le garze sui polsi e prendere751 mi piace e scrivere un bello stato ironico, ma con retrogusto “finto” amaro, su quanto sono profondamente depressa a causa della mia intelligenza sopra la media che mi porta ad essere esclusa dalla società. E ad odiare tutti. Soprattutto chi è ordinario e lavora. Come la mia amica.
Oh ecco. E poi voglio sbarazzarmi della mia dignità. E basta con sta storia che devi camminare a testa alta, che devi essere fiera davanti allo specchio ecc. Ma checazzomenefrega. Basta. Troppo faticoso. Camminare troppo dritti è un inutile sforzo. Meglio piegarsi un pochetto. Adottare quell’andatura un po’ svogliata del non c’ho voglia di fare un cazzo, non mi rompete i coglioni. Ecco, l’andatura comunista da centro sociale. E poi andare in piazza a dire Voi politici ci togliete la dignità. Sì, ecco, mi farò i piercing alle gengive e andrò ai colloqui di lavoro vestita da puttana con le svastiche tatuate sulle zinne, puzzando di alcol a buon mercato, per poi uscire disoccupata e incazzarmi con il sistema che non mi accetta per quello che sono, così sopra la media. Che non accetta i miei piercing alle gengive. Bastardi fascisti. O comunisti. O bo.
E poi sbarazzarmi del senso di responsabilità. E dell’affidabilità. D’ora in poi sarò un ramoscello al vento. Non contate su di me, non so se ci sarò. Ah per voi è importante, ma a me non me ne frega, perché ho perso il rispetto per gli altri. Già. Ora penso a me.  Non so a che ora arrivo. Non so quando e se torno. Non so dove dormirò. Non mi interessa perché sono poeta maledetta ed esistenzialista. Ora vado a bermi l’assenzio comprato dalla mamma all’esselunga, in riva ad un fiume da sola con l’Ipod. E vi metto la foto su Facebook.  Mamma mia quanto sono figa.
La primavera volando sulle ali dell’Alprazolam mi ha portato venti di saggezza e insieme al cielo ha schiarito i miei pensieri. Sulla mia vita. Su chi mi circonda. Spero che volando dai miei coetanei abbia portato a qualcuno l’intenzione di cominciare a sbattersi, visto che io ho finito di farlo e qualcuno dovrà pur mantenermi adesso.
Benvenuta primavera, ci si sente così leggeri quando si decide di buttare tutto il peso delle responsabilità sugli altri. E io ora sono leggera leggera. Ma essendo che ancora i miei pesi me li carico da sola, evidentemente è tutto merito dell’Alprazolam.

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