La primavera è arrivata volando sulle ali dell’Alprazolam.
E’ planata un giorno in giardino e mi ha colto nella solita disperazione
esistenziale di chi vive nella condanna dell’insoddisfazione data da
aspettative esageratamente elevate rispetto alle proprie possibilità.
La primavera ha deciso per me che è arrivato il tempo delle
pulizie. Ovviamente non parlo di pulizie domestiche, che dio me ne scampi.
Parlo di eliminare il superfluo.
Le prime cose totalmente inutili di cui intendo sbarazzarmi
sono la mia ostinazione e il mio rigore. Basta! Voglio vivere da debosciata.
Smettere di lavorare. Farmi mantenere da qualcuno. Lamentarmi tantissimo di
tutto. Lamentarmi su Facebook della mia esistenza inutile e vuota. Ubriacarmi e
pubblicare le foto mentre vomito e prendere 289 mi piace da tutti quei
coglioni che, mentre ero ripiegata sul cesso il martedì sera, stavano andando a
riposare con già l’ansia della giornata lavorativa successiva.
Lamentarmi che non ho i soldi e farmi pagare le cose da
tutti. Soprattutto da quelli che, non avendo di meglio da fare, quei soldi se
li sono pure guadagnati.
“Eeeeeh, beati voi che lavorate. Io stasera non posso
nemmeno permettermi una birretta…. (ndr: ovviamente si deve usare proprio il
termine birretta, perché il fatto di farla apparire come una cosa piccola e
carina utilizzando un vezzeggiativo, porta l’interlocutore a farsi maggiormente
ingannare e a cadere nella trappola che gli sto sagacemente tendendo…se
chiedessi una birrona lo spaventerei, chissà quanto costa una birrona…sempre
uguale, tanto mi prendo comunque una media delle più care, perché a me, adesso
che sono mantenuta, povera ma esistenzialista, piace solo la birra artigianale
irlandese fermentata nelle botti medievali di sta minchia e imbottigliata nel
vetro di murano di sto cazzo)… Certo, esco tutte le sere, anche quando voi
state a casa perché l’indomani vi tocca sbattervi, ed efettivamente sì, sono
sempre in giro per locali, mentre voi risparmiate facendo la spesa alla LIDL,
ma, non si capisce come mai, sono povera. Stasera mi sa che non ho nemmeno i
soldi per una BIRRETTA…. Ma no dai, non posso accettare…. Vabbè però se insisti….
Ti ringrazio. Poi appena troverò lavoro mi sdebiterò” (eheh, certo, visto che
la mia prospettiva è di non lavorare mai più).
Voglio chiedere i sussidi al Comune per qualcosa. Non so,
perché sono povera, perché sono triste, perché non sono integrata, perché sono
depressa. Insomma per qualcosa. Voglio essere un peso sociale. Sì. Una 28enne
che potrebbe lavorare, ma che siccome c’ha l’animo ipersensibile da artista
maledetta non ce la fa a piegarsi e allora si fa mantenere dalle tasse di tutte
quelle persone grigie e incasellate, che disprezza.
Bè certo. Voglio essere un peso sociale e lamentarmi
tantissimo di tutto. Del fatto che non lavoro. Del fatto che non ho una casa
mia. Voglio essere libera di stare malissimo.
E poi sbarazzarmi della forza di volontà. Basta essere
volenterosa. D’ora in avanti non vorrò più niente. Non voglio più impegnarmi in
niente. Lasciarmi andare. Non reagire più. Diventare debole. Di quelle persone di
cui dicono No dai poverina, non
facciamole del male perché è fragile. Esatto. Voglio essere fragile. Essere
accudita. Trattata con più cura delle altre persone perché magari potrei
reagire male. No, non diamole questa
notizia che magari poverina ci resta male e fa una stupidata. Ecco sì. Fare
le stupidate.
Tipo, non so, infilarmi nella vasca da bagno, tagliarmi le
vene (ma appena appena però, perchè ovviamente ora sono più attaccata alla vita
che mai, dato che sono debosciata e faccio il cazzo che voglio, anche se dico che voglio morire sempre) telefonare ad
un’amica per dirle Aiuto, mi sono tagliata
le vene perché la mia vita fa schifo. Aiutami tu, ti prego. E gettarla nel
panico. Farla viaggiare in macchina col cuore in gola, in piena notte anche se
l’indomani lavora. Farla arrivare. Piangere sulla sua spalla. Farmi fare la
camomilla. Ringraziarla. Scusarmi fingendomi umiliata di averla disturbata in
piena notte. E andare a dormire. Senza pensieri. E mentre la mia amica ancora
preoccupata si sveglia il mattino dopo alle 6.30 con le occhiaie e le lacrime
seccate, perché ha pianto per me, e i vestiti che non si è stata a togliere
tanto dopo poche ore andava a lavorare, svegliarmi bella riposata verso
mezzogiorno e mezza, postare le foto su Facebook con le garze sui polsi e
prendere751 mi piace e scrivere un bello stato ironico, ma con retrogusto
“finto” amaro, su quanto sono profondamente depressa a causa della mia
intelligenza sopra la media che mi porta ad essere esclusa dalla società. E ad
odiare tutti. Soprattutto chi è ordinario e lavora. Come la mia amica.
Oh ecco. E poi voglio sbarazzarmi della mia dignità. E basta
con sta storia che devi camminare a testa alta, che devi essere fiera davanti
allo specchio ecc. Ma checazzomenefrega. Basta. Troppo faticoso. Camminare troppo
dritti è un inutile sforzo. Meglio piegarsi un pochetto. Adottare
quell’andatura un po’ svogliata del non c’ho voglia di fare un cazzo, non mi
rompete i coglioni. Ecco, l’andatura comunista da centro sociale. E poi andare
in piazza a dire Voi politici ci togliete
la dignità. Sì, ecco, mi farò i piercing alle gengive e andrò ai colloqui di
lavoro vestita da puttana con le svastiche tatuate sulle zinne, puzzando di
alcol a buon mercato, per poi uscire disoccupata e incazzarmi con il sistema
che non mi accetta per quello che sono, così sopra la media. Che non accetta i
miei piercing alle gengive. Bastardi fascisti. O comunisti. O bo.
E poi sbarazzarmi del senso di responsabilità. E
dell’affidabilità. D’ora in poi sarò un ramoscello al vento. Non contate su di
me, non so se ci sarò. Ah per voi è importante, ma a me non me ne frega, perché
ho perso il rispetto per gli altri. Già. Ora penso a me. Non so a che ora arrivo. Non so quando e se
torno. Non so dove dormirò. Non mi interessa perché sono poeta maledetta ed
esistenzialista. Ora vado a bermi l’assenzio comprato dalla mamma
all’esselunga, in riva ad un fiume da sola con l’Ipod. E vi metto la foto su
Facebook. Mamma mia quanto sono figa.
La primavera volando sulle ali dell’Alprazolam mi ha portato
venti di saggezza e insieme al cielo ha schiarito i miei pensieri. Sulla mia
vita. Su chi mi circonda. Spero che volando dai miei coetanei abbia portato a
qualcuno l’intenzione di cominciare a sbattersi, visto che io ho finito di
farlo e qualcuno dovrà pur mantenermi adesso.
Benvenuta primavera, ci si sente così leggeri quando si
decide di buttare tutto il peso delle responsabilità sugli altri. E io ora sono
leggera leggera. Ma essendo che ancora i miei pesi me li carico da sola,
evidentemente è tutto merito dell’Alprazolam.
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