sabato 2 marzo 2013

Aufklärung ad Alessandria

Triste ammetterlo, ma probabilmente la misantropia che mi contraddistingue non è solo merito mio e non è tutta farina del mio sacco. Non è qualcosa che ho da sempre.
Certo, fin da bambina piccolissima sono sempre stata solitaria e diffidente verso il prossimo. Non mi sono mai piaciute le situazioni di “gruppo” o di “branco”, ho sempre odiato giocare a palla prigioniera, ce l’hai o bandiera, e sono una maestra nell’inventare ogni tipo di scusa per evitare feste di compleanno, cene con i colleghi, battesimi, matrimoni, lauree, braciolate, merendini, evviva andiamo tutti insieme al fiume a fare il bagno, evviva andiamo tutti insieme in vacanza, evviva facciamo tutti insieme un campeggio, evviva sediamoci tutti insieme intorno al fuoco a raccontarci le cose…ecco…per carità, no. Tutti insieme no. Io e te e un altro al massimo ok, va bene, se proprio insistete. Ma se siamo più di 4 no guarda, facciamo un’altra volta che oggi ho avuto una giornataccia al lavoro e stasera non sono in gran forma chehomalditestamaldipanciaattacchidansia, ecc. E poi c’è Mistero, ma come faccio ad uscire, dai, anche voi….
Sì, ho sempre evitato i gruppi. I gruppi mi fanno tantissima paura. Perché lì tutti si sentono forti. Tranne me. Nei gruppi conta solo essere spigliati e divertenti. Io non sono molto spigliata. E nemmeno troppo divertente. E l’esserlo non è una di quelle cose come l’intelligenza, che puoi fare finta e magari non ti scoprono. No, o lo sei o non lo sei, e se non lo sei si vede. E più cerco di dire a me stessa di reagire, di prendere in mano la situazione e lasciarmi andare, più perdo il senso della realtà e mi estraneo completamente. Mi estraneo talmente tanto da non sentire nessuna voce e vedere nessun volto. Da non ricordare nessun avvenimento e nessun luogo in cui sono stata. L’unica soluzione è bere moltissimo. Ma non perché così mi lascio andare e ta-dà divento sciolta e simpatica, semplicemente perché così almeno sto male, vomito e mi portate a casa, per favore.
Devo dire che questo mio particolare modo di percepire il mondo non è vincolato necessariamente alle situazioni di socialità, ma è proprio peculiare del mio rapporto con la realtà.
Quando ero più giovane definivo questo mio modo di essere, una “spiccata capacità di astrazione”. Ora tendo a non volerlo definire per evitare di dare un nome clinico a qualcosa che fino a poco tempo fa era un grande pregio della mia mente.
Diciamo che a un certo punto mi sono resa conto di non essere mai esattamente nella realtà esperienziale, non solo del qui e ora, ma anche in generale. Non solo non vedo né percepisco quello che mi accade in questo momento, ma nemmeno ho completa percezione di elementi fisici che mi circondano per la maggior parte della giornata. Per esempio non saprei dire che taglio di capelli ha il mio miglior amico e nemmeno sarei in grado di affermare con certezza che il colore dei muri del palazzo in cui vivo è il beige (o grigino, o marrone, o bo, va bene, dai non lo so, inutile stare a girarci troppo intorno). Non è una questione di memoria. O di fisiognomica. E’ proprio una questione di concentrazione: io sono sempre e solo attenta a ciò che penso e null’altro. Mio malgrado vivo sempre rinchiusa nella mia mente. Che tra l’altro non è nemmeno un posto particolarmente accogliente e confortevole.
La realtà lo è molto di più. Quando mi impegno e cerco di percepirla, mi rendo conto che è molto più semplice di quello che sembra nella mia testa.
Un mio professore universitario, nonché scrittore di best sellers dell’ultimora, chiamava questa pratica “sega mentale”. E sosteneva che per essere felici bisognasse semplicemente smettere di pensare e vivere nella realtà. Nel qui ed ora. Esperire. Sentire. Toccare. Essere in contatto con il corpo e il mondo.
Io purtroppo non ci riesco. Sono la regina della masturbazione mentale. Non sono sinceramente nemmeno sicurissima di esserci nella realtà. Cioè, non sono proprio certa di essere vera. Di essere materiale. Di vivere. Né che ci sia un corpo e un mondo con cui stare in contatto. Porca troia, Cartesio mi capirebbe sicuramente. Penso che la mia vita sia tutta per intero una masturbazione mentale iniziata quando ho aperto gli occhi ed emesso il primo vagito. Certo, non so se è proprio masturbazione. Si vede che quel professore non frequentava molto la mia mente. La masturbazione è qualcosa di solitario e piacevole. La mia vita mentale non è esattamente così. Anzitutto non è piacevole. E poi, benché estraniata, è in relazione con il reale . E’ più come un rapporto sessuale con qualcuno che ti fa schifo, ecco. E’ quasi uno stupro, direi, almeno in certi momenti. Sì, la realtà mi stupra il cervello. Questa è la conclusione.
E diciamo che i Gary Ridgway e i Ted Bundy della mia mente sono le persone comuni. Loro mi seviziano, torturano, uccidono. Ogni giorno. A poco, a poco.
Ogni giorno vedo tantissime persone. Ogni giorno subisco una sevizia.
E queste sevizie, perpetuate nel tempo, hanno creato e alimentato la mia misantropia. Come una persona che molestata per anni, difficilmente trarrà mai piacere dal sesso, ecco.
La diffidenza verso il prossimo ce l’ho sempre avuta. Ma la misantropia no, è colpa vostra.
E’ la mia difesa.
Ecco, la mia misantropia è sbocciata negli anni, probabilmente dai semi della sociopatia, non so, prima fragile germoglio e poi robustissima piantaccia sempreverde e rampicante, tipo l’edera, che non la stacchi nemmeno a morire. La misantropia è come l’edera, s’attacca dove vuole.
A me si è attaccata e ormai non posso più farci niente. A volte mi impegno a sradicarla, perché penso, Ah chissà quante cose meravigliose potrebbero accadermi se aprissi il cuore al mondo, ma immediatamente l’edera si attorciglia intorno al mio collo, mi sento soffocare, stringe, stringe fortissimo, mi manca l’aria, aiuto devo uscire, un sorso d’acqua per favore, mi stendo un attimo con le gambe alzate, no, non vi preoccupate è solo un abbassamento di pressione, poi mi passa. E invece no, è il rampicante della misantropia che mi soffoca e mi fa venire gli attacchi di panico.
Però davvero io ci provo.
Nessuno che si iscriva alla facoltà di filosofia ci va da misantropo. Ci si iscrive perché si crede fortemente nell’umanità. Si crede nell’uomo, essere “superiore” perché pensante.
E’ il momento della vita in cui si è illuministi. Ottimisti. E si pensa che l’uomo abbia un dono incredibile. Il suo intelletto, la sua ragione, il libero arbitrio, la capacità di compiere scelte morali. E’ l’Aufkalrung.
La Storia dell’Uomo e la vita di un uomo seguono le stesse tappe, più o meno. E così ,dopo l’Illuminismo e il credere nel lume della ragione come fiaccola che illuminerà la storia, l’umanità, il progresso, e dopo una breve parentesi romantica di cui non vado molto fiera, ecco arrivare il mio Novecento, il mio nichilismo. Eccomi lì. Non so se ne uscirò. Non so se l’Uomo ne è uscito e ne uscirà mai.
Nichilismo e misantropia sono subentrati in maniera violenta da quando passo la maggior parte della mia vita ad Alessandria. Da quando ho un’edicola che mi porta a contatto con tutti i Ted Bundy dell’intelletto. La mia edicola è il ricettacolo del male. Davvero.
E grazie a voi, cari miei, ho perso la fiducia nella ragione. Nell’uomo. Nella morale.

Tu, quando hai baciato il giornale con la foto della Madonna distrutta durante la manifestazione degli Indignati a Roma, tu che eri disperata per come avessero conciato “la tua madonnina, o mio dio, cosa le avete fatto?” e hai posato le tue vecchie labbra a baciare la rappresentazione fotografica di una rappresentazione scultorea di una rappresentazione iconografica di una rappresentazione religiosa di una stupida idea come la madre di dio…..ecco in quel momento mi hai fatto più male di quello che i black block hanno fatto al tuo dio. Mi hai stuprato di nuovo la mente. Hai contribuito a terminare il mio  Aufklärung personale. Hai dato nuova linfa al mio rampicante misantropo. Mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, quando per diciottesimo, hai fatto la stessa “battuta” dicendomi “Vorrei un Piccolo e un Grande” ironizzando nella maniera più stupida possibile sul fatto che compri un quotidiano che si chiama Piccolo e un cazzo di giornale che si chiama Grandhotel e il tuo cervello ha fatto questo splendido ed esilarante collegamento, come gli altri 17 prima di te e come altri 51 dopo e come hai già fatto settimana scorsa insieme agli altri 73 e la settimana prima con i tuoi altri 58 amici comici. Ecco, anche tu hai contribuito ad uccidermi. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu che hai esaltato te stessa come se fossi un genio creativo perché un giorno “ho avuto un’illuminazione – bè, sentiamo, che ci sia un barlume di Aufklärung qui ad Alessandria? – “Cioè, non ci puoi credere, una cosa incredibile, una cosa che, cioè, mi ha detto: allora vedi il tuo cervello funziona ancora, è ancora brillante e geniale come da ragazza, sei ancora al passo con i tempi e trendy… Sono un vero e proprio genio: ho preso un pennarello rosso e uno nero e sono andata alla mia insegna MODACAPELLI e davanti con questi due strumenti ho CREATO: ho scritto I (pennarello nero) <3 (pennarello rosso) e così ora il mio negozio si chiama i <3 modacapelli (scritto in pennarello sull’insegna?! O__O). Cioè sono un genio vero?”
Ecco tu genio di sto cazzo hai contribuito a spegnere il lume della ragione dell’umanità. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, Stampa Gaszeta. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, Buongiorno per tutto il giorno. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, L’importante è la salute. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, Metto un euro nel portafortuna. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, Prendo i giornali di mio figlio – e quali sono? – eh non lo so se non lo sa lei, ma insomma dico io! Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, Leggo solo telesette perché sono abituata. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, No, non ho soldi piccolo Paolo per prenderti i libri da leggere, ti dò un euro per le figurine. Ah aspetta che gioco i 49 euro di resto alle macchinette. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E tu, Prendo la cassetta di sanfrancesco – non è cassetta è dvd – ma come non è cassetta?! – eh ora ci sono i dvd – ma è lo stesso? – no – ma questo è troppo sottile per essere una cassetta – infatti è un dvd – vabbè lo prendo anche se non posso vedere i dividdì perché cmq è sanfrancesco - Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.

E ne avrei a centinaia di demoni come questi da evocare. Tutti i demoni della quotidianità.
Tutti protagonisti di piccoli eventi volti a scalfire man mano quel po’ di Aufklärung personale che conservo nel cuore. Tutto questo male reale è la realtà che mi rimane. E’ la realtà della normalità, delle persone. Ecco perché fuggo. Ecco perché sono meglio le seghe mentali. Ecco perché “ho una spiccata capacità d’astrazione” volta ormai in patologia.
Mi spiace cari miei, non so da voi, ma qui di  Aufklärung non se ne vede….
Ho solo centinaia di aguzzini pronti a torturarmi. E io sono qui ad aspettare che la mia misantropia si trasformi un giorno in sindrome di Stoccolma, sperando così di soffrire un po’ di meno.

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