Triste ammetterlo, ma probabilmente la
misantropia che mi contraddistingue non è solo merito mio e non è
tutta farina del mio sacco. Non è qualcosa che ho da sempre.
Certo, fin da bambina piccolissima sono
sempre stata solitaria e diffidente verso il prossimo. Non mi sono
mai piaciute le situazioni di “gruppo” o di “branco”, ho
sempre odiato giocare a palla prigioniera, ce l’hai o bandiera, e
sono una maestra nell’inventare ogni tipo di scusa per evitare
feste di compleanno, cene con i colleghi, battesimi, matrimoni,
lauree, braciolate, merendini, evviva andiamo tutti insieme al fiume
a fare il bagno, evviva andiamo tutti insieme in vacanza, evviva
facciamo tutti insieme un campeggio, evviva sediamoci tutti insieme
intorno al fuoco a raccontarci le cose…ecco…per carità, no.
Tutti insieme no. Io e te e un altro al massimo ok, va bene, se
proprio insistete. Ma se siamo più di 4 no guarda, facciamo un’altra
volta che oggi ho avuto una giornataccia al lavoro e stasera non
sono in gran forma chehomalditestamaldipanciaattacchidansia, ecc. E
poi c’è Mistero, ma come faccio ad uscire, dai, anche
voi….
Sì, ho sempre evitato i gruppi. I
gruppi mi fanno tantissima paura. Perché lì tutti si sentono forti.
Tranne me. Nei gruppi conta solo essere spigliati e divertenti. Io
non sono molto spigliata. E nemmeno troppo divertente. E l’esserlo
non è una di quelle cose come l’intelligenza, che puoi fare finta
e magari non ti scoprono. No, o lo sei o non lo sei, e se non lo sei
si vede. E più cerco di dire a me stessa di reagire, di prendere in
mano la situazione e lasciarmi andare, più perdo il senso della
realtà e mi estraneo completamente. Mi estraneo talmente tanto da
non sentire nessuna voce e vedere nessun volto. Da non ricordare
nessun avvenimento e nessun luogo in cui sono stata. L’unica
soluzione è bere moltissimo. Ma non perché così mi lascio andare e
ta-dà divento sciolta e simpatica, semplicemente perché così
almeno sto male, vomito e mi portate a casa, per favore.
Devo dire che questo mio particolare
modo di percepire il mondo non è vincolato necessariamente alle
situazioni di socialità, ma è proprio peculiare del mio rapporto
con la realtà.
Quando ero più giovane definivo questo
mio modo di essere, una “spiccata capacità di astrazione”. Ora
tendo a non volerlo definire per evitare di dare un nome clinico a
qualcosa che fino a poco tempo fa era un grande pregio della mia
mente.
Diciamo che a un certo punto mi sono
resa conto di non essere mai esattamente nella realtà esperienziale,
non solo del qui e ora, ma anche in generale. Non solo non vedo né
percepisco quello che mi accade in questo momento, ma nemmeno ho
completa percezione di elementi fisici che mi circondano per la
maggior parte della giornata. Per esempio non saprei dire che taglio
di capelli ha il mio miglior amico e nemmeno sarei in grado di
affermare con certezza che il colore dei muri del palazzo in cui vivo
è il beige (o grigino, o marrone, o bo, va bene, dai non lo so,
inutile stare a girarci troppo intorno). Non è una questione di
memoria. O di fisiognomica. E’ proprio una questione di
concentrazione: io sono sempre e solo attenta a ciò che penso e
null’altro. Mio malgrado vivo sempre rinchiusa nella mia mente.
Che tra l’altro non è nemmeno un posto particolarmente accogliente
e confortevole.
La realtà lo è molto di più. Quando
mi impegno e cerco di percepirla, mi rendo conto che è molto più
semplice di quello che sembra nella mia testa.
Un mio professore universitario, nonché
scrittore di best sellers dell’ultimora, chiamava questa pratica
“sega mentale”. E sosteneva che per essere felici bisognasse
semplicemente smettere di pensare e vivere nella realtà. Nel qui ed
ora. Esperire. Sentire. Toccare. Essere in contatto con il corpo e il
mondo.
Io purtroppo non ci riesco. Sono la
regina della masturbazione mentale. Non sono sinceramente nemmeno
sicurissima di esserci nella realtà. Cioè, non sono proprio certa
di essere vera. Di essere materiale. Di vivere. Né che ci sia un
corpo e un mondo con cui stare in contatto. Porca troia, Cartesio mi
capirebbe sicuramente. Penso che la mia vita sia tutta per intero una
masturbazione mentale iniziata quando ho aperto gli occhi ed emesso
il primo vagito. Certo, non so se è proprio masturbazione. Si vede
che quel professore non frequentava molto la mia mente. La
masturbazione è qualcosa di solitario e piacevole. La mia vita
mentale non è esattamente così. Anzitutto non è piacevole. E poi,
benché estraniata, è in relazione con il reale . E’ più come un
rapporto sessuale con qualcuno che ti fa schifo, ecco. E’ quasi uno
stupro, direi, almeno in certi momenti. Sì, la realtà mi stupra il
cervello. Questa è la conclusione.
E diciamo che i Gary Ridgway e i Ted
Bundy della mia mente sono le persone comuni. Loro mi seviziano,
torturano, uccidono. Ogni giorno. A poco, a poco.
Ogni giorno vedo tantissime persone.
Ogni giorno subisco una sevizia.
E queste sevizie, perpetuate nel tempo,
hanno creato e alimentato la mia misantropia. Come una persona che
molestata per anni, difficilmente trarrà mai piacere dal sesso,
ecco.
La diffidenza verso il prossimo ce l’ho
sempre avuta. Ma la misantropia no, è colpa vostra.
E’ la mia difesa.
Ecco, la mia misantropia è sbocciata
negli anni, probabilmente dai semi della sociopatia, non so, prima
fragile germoglio e poi robustissima piantaccia sempreverde e
rampicante, tipo l’edera, che non la stacchi nemmeno a morire. La
misantropia è come l’edera, s’attacca dove vuole.
A me si è attaccata e ormai non posso
più farci niente. A volte mi impegno a sradicarla, perché penso, Ah
chissà quante cose meravigliose potrebbero accadermi se aprissi il
cuore al mondo, ma immediatamente l’edera si attorciglia intorno al
mio collo, mi sento soffocare, stringe, stringe fortissimo, mi manca
l’aria, aiuto devo uscire, un sorso d’acqua per favore, mi stendo
un attimo con le gambe alzate, no, non vi preoccupate è solo un
abbassamento di pressione, poi mi passa. E invece no, è il
rampicante della misantropia che mi soffoca e mi fa venire gli
attacchi di panico.
Però davvero io ci provo.
Nessuno che si iscriva alla facoltà di
filosofia ci va da misantropo. Ci si iscrive perché si crede
fortemente nell’umanità. Si crede nell’uomo, essere “superiore”
perché pensante.
E’ il momento della vita in cui si è
illuministi. Ottimisti. E si pensa che l’uomo abbia un dono
incredibile. Il suo intelletto, la sua ragione, il libero arbitrio,
la capacità di compiere scelte morali. E’ l’Aufkalrung.
La Storia dell’Uomo e la vita di un
uomo seguono le stesse tappe, più o meno. E così ,dopo
l’Illuminismo e il credere nel lume della ragione come fiaccola che
illuminerà la storia, l’umanità, il progresso, e dopo una breve
parentesi romantica di cui non vado molto fiera, ecco arrivare il mio
Novecento, il mio nichilismo. Eccomi lì. Non so se ne uscirò. Non
so se l’Uomo ne è uscito e ne uscirà mai.
Nichilismo e misantropia sono
subentrati in maniera violenta da quando passo la maggior parte della
mia vita ad Alessandria. Da quando ho un’edicola che mi porta a
contatto con tutti i Ted Bundy dell’intelletto. La mia edicola è
il ricettacolo del male. Davvero.
E grazie a voi, cari miei, ho perso la
fiducia nella ragione. Nell’uomo. Nella morale.
Tu, quando hai baciato il giornale con
la foto della Madonna distrutta durante la manifestazione degli
Indignati a Roma, tu che eri disperata per come avessero conciato “la
tua madonnina, o mio dio, cosa le avete fatto?” e hai posato le tue
vecchie labbra a baciare la rappresentazione fotografica di una
rappresentazione scultorea di una rappresentazione iconografica di
una rappresentazione religiosa di una stupida idea come la madre di
dio…..ecco in quel momento mi hai fatto più male di quello che i
black block hanno fatto al tuo dio. Mi hai stuprato di nuovo la
mente. Hai contribuito a terminare il mio Aufklärung personale. Hai
dato nuova linfa al mio rampicante misantropo. Mi hai fatto male.
Male vero. Un male reale.
E tu, quando per diciottesimo, hai
fatto la stessa “battuta” dicendomi “Vorrei un Piccolo e un
Grande” ironizzando nella maniera più stupida possibile sul fatto
che compri un quotidiano che si chiama Piccolo e un cazzo di giornale
che si chiama Grandhotel e il tuo cervello ha fatto questo splendido
ed esilarante collegamento, come gli altri 17 prima di te e come
altri 51 dopo e come hai già fatto settimana scorsa insieme agli
altri 73 e la settimana prima con i tuoi altri 58 amici comici. Ecco,
anche tu hai contribuito ad uccidermi. Anche tu mi hai fatto male.
Male vero. Un male reale.
E tu che hai esaltato te stessa come se
fossi un genio creativo perché un giorno “ho avuto
un’illuminazione – bè, sentiamo, che ci sia un barlume di Aufklärung qui ad Alessandria? – “Cioè, non ci puoi credere, una
cosa incredibile, una cosa che, cioè, mi ha detto: allora vedi il
tuo cervello funziona ancora, è ancora brillante e geniale come da
ragazza, sei ancora al passo con i tempi e trendy… Sono un vero e
proprio genio: ho preso un pennarello rosso e uno nero e sono andata
alla mia insegna MODACAPELLI e davanti con questi due strumenti ho
CREATO: ho scritto I (pennarello nero) <3 (pennarello rosso) e
così ora il mio negozio si chiama i <3 modacapelli (scritto in
pennarello sull’insegna?! O__O). Cioè sono un genio vero?”
Ecco tu genio di sto cazzo hai
contribuito a spegnere il lume della ragione dell’umanità. Anche
tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.
E tu, Stampa Gaszeta. Anche tu mi hai
fatto male. Male vero. Un male reale.
E tu, Buongiorno per tutto il giorno.
Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.
E tu, L’importante è la salute.
Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.
E tu, Metto un euro nel portafortuna.
Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.
E tu, Prendo i giornali di mio figlio –
e quali sono? – eh non lo so se non lo sa lei, ma insomma dico io!
Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.
E tu, Leggo solo telesette perché sono
abituata. Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.
E tu, No, non ho soldi piccolo Paolo
per prenderti i libri da leggere, ti dò un euro per le figurine. Ah
aspetta che gioco i 49 euro di resto alle macchinette. Anche tu mi
hai fatto male. Male vero. Un male reale.
E tu, Prendo la cassetta di
sanfrancesco – non è cassetta è dvd – ma come non è cassetta?!
– eh ora ci sono i dvd – ma è lo stesso? – no – ma questo è
troppo sottile per essere una cassetta – infatti è un dvd –
vabbè lo prendo anche se non posso vedere i dividdì perché cmq è
sanfrancesco - Anche tu mi hai fatto male. Male vero. Un male reale.
E ne avrei a centinaia di demoni come
questi da evocare. Tutti i demoni della quotidianità.
Tutti protagonisti di piccoli eventi
volti a scalfire man mano quel po’ di Aufklärung personale che
conservo nel cuore. Tutto questo male reale è la realtà che mi
rimane. E’ la realtà della normalità, delle persone. Ecco perché
fuggo. Ecco perché sono meglio le seghe mentali. Ecco perché “ho
una spiccata capacità d’astrazione” volta ormai in patologia.
Mi spiace cari miei, non so da voi, ma
qui di Aufklärung non se ne vede….
Ho solo centinaia di aguzzini pronti a
torturarmi. E io sono qui ad aspettare che la mia misantropia si
trasformi un giorno in sindrome di Stoccolma, sperando così di
soffrire un po’ di meno.
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