martedì 22 novembre 2011

Il PICCOLO-DEL-VENERDI’ ovvero L’ESSERE-PER-LA-MORTE

La morte sovrasta l’esserci”. Così direbbe Heidegger.
Il Piccolo-del-venerdì. Lo prendo per vedere i morti”. Così direbbe un alessandrino qualunque.
Ma la sostanza è la stessa.
L’aspetto più affascinante del vivere in un luogo brutto e triste è vedere quanto la depressione di un territorio si attacchi inevitabilmente a chi lo vive.
Vivo in una città brutta e triste, dove il colore predominante è il grigio. Il grigio della nebbia. Il grigio dei palazzoni industriali. Il grigio dell’animo delle persone.
Sì, grigio. Nemmeno nero, che ha troppo significato in sé. Il grigio, che è esempio di mediocrità. Del mescolarsi di due opposti che diventano qualcosa di tristemente qualunque. Un colore non riconoscibile, senza personalità, che più di qualunque altro esprime depressione e malessere.
Il grigio di questa città ti si appiccica addosso come la sua umidità. Ti entra nel corpo e lo senti dentro di te, senti che ti fa lentamente marcire. Ti si attacca come un’immensa muffa dell’anima. Lentamente si nutre delle tue risorse vitali. Ti divora dall’interno.
E’ impossibile vivere qui senza pensare ossessivamente alla morte.
Sarà che tutti si sentono divorati. O sarà che la terra marcia non può che dare frutti marci. O sarà che il pessimismo delle persone modella anche i paesaggi e la natura circostante. Fatto sta che qui si respira aria di morte quotidianamente.
E soprattutto il venerdì. Giorno nel quale ogni alessandrino che si rispetti pensa attivamente alla morte di chi gli sta intorno. Il venerdì esce il Piccolo con la pagina dei morti. O meglio con le pagine dei morti. Con le tantissime pagine dei morti. Ci sono proprio tutti. E più si ama una persona, mi è stato spiegato, più si dedica spazio al suo necrologio.
E così il venerdì non si può mancare all’appuntamento. Non si può fare a meno di vedere le foto in bianco e nero, stampate malamente, delle persone che finalmente ci sono arrivate lì, sul Piccolo. Che finalmente ci sono arrivate lì, alla morte. E che finalmente sanno di essere state amate. E lo possono mostrare a tutti.
Il venerdì l’alessandrino lo dedica al proprio culto dei morti. Anzi, al proprio culto della morte. A guardare attentamente quei volti immaginando come sarà il suo. Quale foto sceglieranno per lui. Quali frasi.
Chi vive qui sa perfettamente che morirà.
E no, non è vero. Non tutti lo sanno. Tendenzialmente l’uomo vive senza pensare alla morte, alla propria morte. Ci si sente tutti eterni in qualche modo. Non la si pensa mai lucidamente e quando lo si fa, terrore e sconforto gettano l’individuo nel baratro del nulla, da cui si esce con grande fatica e solo aggrappandosi all’inutile idea che è meglio non pensarci. Non avere paura. Ci si penserà quando sarà il momento. Ecc ecc. E si torna a vivere. Ad esserci. E la vita sovrasta l’esserci.
Invece chi vive qui sa perfettamente che morirà. E ogni venerdì vuole che quel pensiero, che lo accompagna ogni giorno, diventi reale sulle pagine di un giornale. Chi vive qui sa che è la morte che sovrasta l’esserci e non la vita.
Chi vive qui impara ad amare la morte. A vederla come il traguardo della propria esistenza. Non si piange ad Alessandria se muore qualcuno. No. Si aspetta il venerdì per rendergli omaggio, comprando il giornale e percependo realmente il senso della fine.
E, tengo a precisare, chi vive qui è consapevole della propria morte, non solo di quella altrui. Attraverso le pagine di quel giornale, attraverso le foto e le frasi, attraverso il culto della morte ci si avvicina pian piano a quella percezione tanto temuta dalle persone che amano l’esserci e la vita. Ovvero che è tutto scandalosamente transitorio. Tutto finisce. Forza e coraggio che la vita è un passaggio. Prima o poi ci troveremo tutti su quel giornale e da quelle pagine la nostra foto aiuterà altri giovani di belle speranze a capire, venerdì dopo venerdì per tutta la vita, che è inutile prendersela troppo. Quello è il tuo traguardo. Ed è un nobile traguardo. Perché sarai d’aiuto ad altri nell’acquisire la consapevolezza della morte. E perché lì sarai amato come mai quando eri solamente vivo.

La morte è una possibilità di essere che l'esserci stesso deve sempre assumersi da sé. Nella morte l'esserci sovrasta se stesso nel suo poter-essere più proprio. In questa possibilità ne va per l'esserci puramente e semplicemente del suo essere-nel-mondo. La morte è per l'esserci la possibilità di non-poter-più-esserci.” Così direbbe Heidegger. Se fosse vissuto ad Alessandria, avrebbe sicuramente apprezzato il Piccolo del Venerdì e la sua lunga tradizione.

Per chi vive qui è chiaro che la morte è superiore alla vita. Che è la morte che tiene in mano le redini dell’esserci. Che sarà lei a decretare quando i giochi e le illusioni finiranno.
E fin da bambini, di venerdì in venerdì, percepisci quanto è sempre più vicina. Percepisci che arriverà l’ultimo venerdì in cui guarderai gli altri su quelle pagine.
Ma non con dolore. Con consapevolezza.
Chi vive qui scherza sulla morte. Dice “prendo il Piccolo per vedere i morti. Chissà che ci sia anche io questa settimana”. Chi vive qui vuole vedere la morte e vorrebbe avere la fortuna di vedere la propria morte, su quel giornale.
Già. Chi vive qui. Chi vive qui sa che in realtà qui non si vive. Qui si muore.

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