domenica 11 dicembre 2011

Il fu Aleister Crowley: apologia del Divino Otelma

La domenica pomeriggio è in assoluto il momento che attendo di più nell’arco della settimana, perché il cazzeggio e l’ozio prendono il sopravvento sulla poca voglia di vivere che posseggo e che contraddistingue invece altre sciocche giornate come il sabato, in cui ci si sente in dovere di divertirsi, fare shopping, uscire la sera, portare al parco il cane, suonare, leggere o bere.
Il sabato è una giornata estremamente faticosa. Soprattutto per chi, come me invece, non aspetta altro che cagarsi malamente sul divano con il mal di testa perché si è stati troppo in casa e con le patatine e le caramelle di Halloween, che da gommose sono diventate secche, e le sigarette e un bicchiere di ginger sgasato e caldo. Queste sono le cose che rendono meravigliosa la mia esistenza, ma purtroppo, siccome a volte sono vittima della mia autostima, il sabato tendo a non ammetterlo e a darmi un tono. E tutta questa immensa voglia di vita si riversa sulla domenica. In particolare sulla domenica pomeriggio. In particolare d’inverno. Quando anche se proprio volessi, ormai tutte le cose le hai già fatte di sabato. Quando fa più figo non fare un cazzo, dicendo che è perché hai avuto un sabato da leoni! Ecco, lì ho tutto il diritto e l’approvazione sociale di oziare fino a stare male, fino a vomitare le patatine e le caramelle secche di Halloween e il ginger caldo.
E per coronare questo sogno di gloria, quale migliore ciliegina sulla torta di una full immersion televisiva, devastante e annichilente e che aumenta ancor di più il mal di testa?
Ed è durante una di queste meravigliose maratone televisive, che l’unico occhio che tengo aperto, in quanto l’altro è chiuso da un’oretta perché dorme autonomamente insieme al mio buonsenso, vede Lui, anzi vede Loro. Il Divino Otelma, o forse i Divini Otelma. Con l’abito viola e le babbucce e il copricapo di raso con la tendina dietro, come quello dei Laibach.
E mi viene in mente quanto erano belli quei giorni in cui frequentavamo insieme, io e Loro, il corso di Psicologia Qualcosa Orientale Qualcosa (eravamo davvero compagni di classe, eh!!). Lui aveva i vestiti degli uomini comuni, ma tutti ridacchiavano lo stesso alle sue spalle. Solo il professore lo prendeva sul serio, perché effettivamente faceva degli interventi molto intelligenti. Ma che comunque facevano sogghignare tutti gli altri universitari sbarbatelli e arroganti. Ovviamente io non ridevo e ascoltavo ammirata cercando di percepire il più possibile dal Divino.
Mentre lo guardavo in tivvù, come sempre deriso da tutti, anche dalla Panicucci, che voglio dire avrebbe ben da starsene seria anche solo per la miseria della sua esistenza, mi veniva un po’ di tristezza nel pensare quanto un uomo così singolare non possa che essere oggetto di scherno e bullismo in una società in cui quasi tutti sono cresciuti a pane e conformismo.
Bisognerebbe stimare il Divino anche solo per le sue performance e per la creazione del suo personaggio, che nonostante tutto è più interessante sicuramente della Panicucci con quella boccuccia sottile sottile e rossa rossa da perbenista qualunque.
Almeno le labbra sottili sottili del Divino Otelma dicono cose buffe, parlano in prima persona plurale, si sono proclamate conte di Quistello, Primo Teurgo della Chiesa dei Viventi, Gran Maestro dell'Ordine Teurgico di Elios, Presidente Europeo dell'Ordre des Occultistes d'Europe (O.D.O.D.E.) e Nazionale dell'Ordine degli Occultisti d'Italia (O.D.O.D.I.), del Centro Italiano di Studi Astrologici (C.I.S.A.) e dell'Unione Astrologico-Occultista d'Italia (U.A.O.D.I.), Fonte di Vita e di Salvezza, Dispensatore di Verità Archetipa, Luce dei Viventi.
E allora penso che, povero Otelma, in questo mondo materialista e privo di spiritualità nessuno lo potrà mai capire. Potrà solo essere oggetto di scherno e di guai giudiziari. E pensare che si è anche preso due lauree per darsi un tono e ottenere maggiore credibilità. Ma non è servito. Risulta agli occhi del mondo solo un vecchio idiota che prende per il culo la gente con gli abiti bislacchi e l’esoterismo e l’occultismo e per questo qualunque stronzo demente si arroga il diritto di deriderlo pubblicamente.
Non si capisce perché lui viene trattato così e invece quel coglione che dice che parla con gli angeli viene osannato (sempre visto dalla Panicucci, che pendeva dalle sue labbra molto meno sottili e sicuramente più seducenti di quelle del mago Otelma). Sì, sarà perché quello lì si dà un tono. Con gli abiti belli. Gli occhi azzurri. E che dice che fa del bene. Che non ci lucra. Ma intanto dice stronzate e le pubblica in un libro che sicuramente non è gratis. E lui non ha assolutamente niente di speciale. Non parla con il noi. Non ha le babbucce.
E penso -Povero Otelma, anche tu, anzi anche Voi, come tanti di noi, siete vittime della contemporaneità. Dei tempi in cui vivete. Pensa che prima della tivvù e della massificazione e del conformismo e del materialismo contemporaneo c’era un omino ancora più bizzarro di te, cioè di Voi. Anche lui aveva gli abiti strani. Diceva cose strane. Si intendeva molto di esoterismo e faceva i riti, e anche le orge. E firmava disegnando un cazzo partendo dalla forma della sua iniziale. La A. di Aleister Crowley.
Voi pensate, cari Otelmi, che magari, se foste vissuti in un’altra epoca, avreste avuto la stessa fortuna di Aleister, che ancora adesso è venerato da tutti gli occultisti ed esoteristi e da buona parte dell’ambiente musicale e cinematografico. Chissà, cari Otelmi, se sarebbe successo anche a voi?
Certo, tutto questo è opinabile, mi si può rispondere di no, che sicuramente Aleister aveva una marcia in più del Divino e che aveva davvero i poteri e che conosceva tantissime cose e che scalava le montagne altissime e che faceva i riti potentissimi. Mentre magari il divino Otelma non sarebbe stato in grado. E va bè, secondo me si sarebbe fatto valere, ma non posso effettivamente averne la certezza.

Ma una cosa di cui sono assolutamente sicura è che se Aleister Crowley fosse nato nella nostra epoca, bè, avrebbe avuto lo stesso identico destino di Otelma. Nessuno lo avrebbe venerato. Altro che finire sulla copertina di Sgt. Pepper's. Con i suoi abiti stravaganti, il cappello triangolare, le sue strane teorie, i riti, la firma a forma di cazzo e la passione per le perversioni sessuali….bè, dai….sarebbe stato ridicolizzato forse anche più del Divino.
Avrebbe provato a farsi capire e a giustificarsi. E sarebbe finito in tivvù. Sul divano della Panicucci che avrebbe riso di lui, lo avrebbe interrotto mentre parlava e tutti lo avrebbero deriso mentre se ne andava stizzito dallo studio.
Avrebbe cercato di darsi una credibilità studiando materie impegnative all’Università e cercando di mantenere un basso profilo, ma sarebbe stato schernito da quegli studenti pivellini. Avrebbe studiato comunque le religioni e il buddhismo, ma non dall’amico ed ex-membro della Golden Dawn, Allan Bennet, bensì da Giacobbe all’Università di Genova.
Avrebbe raccontato, dal divanetto di Domenica 5, le cose incredibili che gli erano successe mentre era in vacanza con la moglie al Cairo, ma anzichè essere preso sul serio, Signorini avrebbe fatto vedere le foto di lui con un pessimo fisico in procinto di tuffarsi nel Nilo, con un costumino imbarazzante. E tutti a ridere. E allora avrebbe fondato Thelema, ma nessuno gli avrebbe dato credito. Al massimo sarebbe stato seguito via internet da qualche pazzoide amante del trash televisivo, che avrebbe scritto un articolo ironico sul suo blog, perché fa molto hipster.
Avrebbe scritto un libro sotto dettatura dello spirito Aiwass, ma nessuno lo avrebbe comprato, preferendo quello sugli angeli che parlano con quel bel ragazzo con gli occhi azzurri e il volto rassicurante.
Avrebbe provato a fare un reality, ma non di quelli famosi come l’Isola perchè lì non lo avrebbero preso, ma magari, come Otelma, avrebbe partecipato ad un reality spagnolo. Ma anche lì il pubblico, dopo un paio di puntate, avrebbe trovato fastidioso un essere così volgare, perverso e sopra le righe. E lo avrebbe mandato a casa col televoto.
Il soprannome “La bestia” sarebbe diventato solo un nomignolo usato dai presentatori televisivi per alludere sarcasticamente al suo terribile aspetto fisico. La sua mitica frase “Do what thou wilt shall be the whole of the Law” sarebbe diventata uno stupido tormentone usato nelle peggiori imitazioni del personaggio a Colorado Cafè.
E così, triste e solo e incompreso, se ne sarebbe andato a Cefalù, ad abusare di alcol e psicofarmaci e a consumare la sua solitudine. E nessuno si sarebbe preso nemmeno la briga di scacciarlo da lì, perché sarebbe diventato solo l’ubriacone del paese, l’emarginato sociale che faceva le ospitate in tivvù e di cui tutti ridevano e ridono ancora. Niente alpinismo estremo, niente O.T.O.
La Magia Sexualis sarebbe stata interpretata come un modo basso per adescare giovani prede sessuali, utilizzato da un mago millantatore vecchio e pervertito, solo ed alcolista. Sarebbero piovute denunce e condanne. E così sarebbe morto in carcere, da solo, senza nessun tributo da parte di Ozzy Osbourne, David Bowie, Genesis P. Orridge, Marilyn Manson, Coil, Current 93, Mick Jagger, Death SS, Iron Maiden. Magari giusto una menzione a Studio Aperto, tanto per farsi altre due risate alle spalle del più grande esoterista ed occultista mai esistito.
E magari chissà, i vari Osbourne, Bowie, Orridge, Manson, ecc si sarebbero dedicati alla celebrazione del Divino Otelma, diventando adepti dell’Ordine Teurgico di Elios. E si sarebbero invece fatti un sacco di risate guardando in tv quel vecchietto patetico, che firma con un cazzo al posto della A.

lunedì 28 novembre 2011

Spiriti guida: il caso Gordon Ramsay


L’America, ragazzi miei, è anni luce di distanza da noi, poveri vecchi del vecchio continente. Con America ovviamente intendo l’America che conta, cioè gli Stati Uniti. Il resto non si capisce perché c’è o se non altro perché si chiama America. A parte il Messico che merita tantissimo, ma per altri motivi. E che comunque è meglio chiamare Messico, perché se dici America di certo non pensi a siesta e sombrero, ma a Mac Donald e Brad Pitt.
Comunque…Che l’America sia di molto avanti a noi lo si capisce in primo luogo dalla tv.
Ringrazio Dio ogni giorno per l’avvento di tutti quei canali beceri che trasmettono trasmissioni americane o inglesi a dir poco orrende. E quindi meravigliose e senza le quali non posso più vivere.
Io ormai amo così tanto questi programmi che alcuni protagonisti sono dei miei amici che mi danno consigli di vita ogni giorno. Anzi, alcuni molto di più.
Una notte ho sognato Gordon Ramsay che diceva a tutti di saper leggere nella mente delle persone e nessuno gli credeva. Allora volevano linciarlo, anche perché lui leggeva in tutti delle cose brutte, losche e meschine. Poi viene da me e mi dice che invece in me legge una sola parola: Pogo. Che è il nome del mio cane, cazzo! Allora sai davvero leggere la mente! Sì, mi dice, e in te trovo solo amore e purezza. Cioè, che nella mia mente fosse presente solo il nome del mio cane non mi preoccupava più di tanto, anzi mi sembrava sensato e mi sembrava anche sensato che tale nome rappresentasse la mia purezza d'animo. Anche perchè lo diceva Gordon e di certo non è uno che si contraddice facilemente, nemmeno nella dimensione onirica.


Insomma, comunque così mi ha detto in sogno Gordon e da lì credo che sia, senza volerlo, diventato la mia guida spirituale. Anzi, il mio spirito guida. O forse, il mio animale totemico.
 "Ognuno di noi ha un animale spirito guida, che ci serve come medicina spirituale." Ecco, così dicono gli indiani (d’America ovviamente). E io tutta la vita a pensare a quale poteva essere il mio. Poi finalmente mi è apparso in sogno e l’ho riconosciuto. E’ Gordon Ramsay. 
 Certo, che lui avesse degli strani poteri extrasensoriali si capiva già dal suo programma. Quello che va a vedere i ristoranti fallitissimi e supersporchi, e poi li salva cucinando un’insalata sciapa e distribuendo i volantini. Infatti che ha i poteri si capisce da questo. Tutti lo rispettano tantissimo e lo ascoltano come un guru, anche se lui non sembra saperne così tanto di cucina. Però tutti dicono che è un megasuperbravissimochef. E lo venerano. Come un dio. Anche quelli della Guida Michelin sono rimasti ammaliati, nessuno resiste a Gordon!
E’ evidente che nel suo modo di fare l’insalata sciapa c’è qualcosa che va oltre la pochezza d’inventiva della ricetta. Ci deve essere qualcosa che trascende la dimensione culinaria. Perché uno che non sa fare molto in cucina col cazzo che può andare dai molti chef italoamericani mafiosi delle periferie o dai messicani sozzi dei ghetti e dirgli: non sapete fare un cazzo! Lanciare le padelle. Dire ora vi faccio vedere io e concludere con l’insalata sciapa.
Se non hai i poteri da quella situazione non puoi uscire bene. E forse nemmeno vivo. Eppure Gordon ce la fa. Li convince a fare quello che dice lui. Anche quelli che all’inizio sembrano restii, poi si convertono. E lo seguono. Anche se si capisce che dice delle stronzate e che è un coglione. E infatti di solito falliscono, perché l’insalata sciapa funziona coi clienti solo se la prepara Gordon  perché lui usa gli strapoteri. Se la fai tu, anche se sei italoamericano mafioso e cucini da dio, non basta. Non sei dio. Non sei Gordon. 


Comunque mi arrovellavo sui superpoteri di Gordon senza che mi fosse ancora chiaro come mai se è dio sembra così un coglione e non sa cucinare. Secondo me dio deve essere davvero un grande chef. E mentre pensavo  questo mi sono addormentata. E lui mi è apparso. E in quel sogno ho capito tutto. Lui deve sembrare un coglione per farsi accettare dalla gente americana. Se no lo lincerebbero. Se dicesse che lui è dio e sa tutto e ti legge nel pensiero lo catturerebbero e torturerebbero fino alla morte perché lui rivelerebbe il marcio che c’è nei loro cuori.
E invece no. Lui fa apposta a far fallire i ristoranti perché, da onnisciente quale è, vuole punire i malvagi italoamericani mafiosi e messicani violenti e altre categorie socialmente deboli che tengono il proprio ristorante come un letamaio merdoso. Altre volte vuole invece aiutarli a perdere la speranza nel fare qualcosa che non fa per loro. E spingerli di conseguenza a tornare sulla retta via a uccidere e spacciare, che quella è la loro natura. Oppure a suicidarsi, come è successo ben due volte!!!
Già. Ecco. Mi ha dato le risposte che cercavo. E soprattutto, nel sogno rivelatore, tra tutti che gli puntavano il dito e lo volevano uccidere, lui ha scelto me. Solo in me ha letto POGO, simbolo di amore e purezza del mio animo.
Cioè….mica poco.
Certo, non è facile vivere avendo Gordon come spirito guida. Anche perché ormai è talmente entrato nel personaggio che tende ad essere un  coglione anche quando mi deve guidare. Tipo ieri gli ho chiesto cosa dovevo fare per fare un po’ di soldi visto che sono povera e rischio di morir di fame e lui mi ha detto di aprire un ristorante. Che lui avrebbe fatto volantinaggio per me e mi avrebbe insegnato la mitica insalata sciapa….
Cioè cazzo, è un metodo che non si può applicare sempre, dai! Mi ha detto dell’insalata anche quando gli ho chiesto se sarebbe venuta l’alluvione. Mi ha detto, con voce profonda e divina: “Non ti preoccupare per l’alluvione: anche se l’insalata dei campi marcisce tutta, restano sempre i supermercati.” Pensavo fosse una cosa simbolica…tipo di star tranquilla che, se anche il mondo finisce, il bennet resta, e invece ora comincio a dubitare…..
Oh no! Che sia stato un modo per cercare di sbarazzarsi di me? Ti prego Gordon. Ormai ti ho trovato. Non mi puoi abbandonare di già! Sì, sono italiana, ma giuro non sono mafiosa.
Anzi no, sai cosa ti dico: se vuoi andare vai! Se i tuoi metodi sono questi, sappi che io odio l’insalata e cucinare, e quindi non può funzionare!
Male che vada mi riprenderò il mio vecchio spirito guida. Victoria Stilwell almeno, a tempo perso, cercava di educare il mio cane.

Monti e i complotti, molti complotti, troppi complotti!


Va bene, lo ammetto, sono una complottista. Anzi sono naturalmente complottista. Naturalmente nel senso che lo sarei anche nello stato di natura. Anche se non ci fossero Stati e Leggi ed Economia e Finanza e Borse e Armi e Nuovo Ordine Mondiale e Mario Monti.
Direi anzi che la mia vita è un cammino sulla linea sottile che separa le teorie sul complotto dalla paranoia cieca.
Il tutto è dovuto al fatto che le persone mi fanno paura. Ma tutte. Non solo gli omini neri e illuminati.  Mi fanno molta paura anche quelli che sono tutto fuorché illuminati. Perché so che tutte le persone sono tendenzialmente rivolte al male. No, non sono malfidente, lo vedo tutti i giorni. Parlano, sparlano, tagliano, cuciono, sotterfugiano (?), complottano, tramano, tramano contro di me. Sì, ti ho sentito mentre dicevi che non valgo niente; sì, ti ho sentito mentre dicevi che sono una degenerata; sì, ti ho sentito che dicevi che sono snob e altezzosa, antipatica ed irritante.
Sì, le persona complottano continuamente. Contro tutte le altre persone. E quindi anche contro di me.
Diciamo che per chi è paranoico ci sono tre elementi che portano una vita più o meno equilibrata al panico totale:
1)      vedere con i tuoi occhi che quello che pensavi fosse un tuo delirio paranoide si realizza nella realtà, sotto gli occhi di tutti
2)      avere accanto persone paranoiche come te, che anziché calmarti contribuiscono nella costruzione dei tuoi immensi castelli di teorie strampalate
3)      Paolo Barnard
Ecco, io ho la fortuna di avere tutto il trittico ben saldo nella mia esistenza.
Fino a mercoledì avevo solo il punto uno e due e quindi tutto sommato riuscivo a vivere senza dover usare psicofarmaci. Certo, avevo già gli attacchi di panico, ma almeno della politica non me ne fregava un cazzo e quindi evitavo l’insorgenza dell’infarto.
Poi purtroppo c’è stato il casino di Mario Monti.
Premetto che la mia visione dell’essere umano si è sempre sposata alla perfezione con le teorie sul complotto. E infatti ne sono sempre stata affascinata. Ho letto diverse cose a riguardo e ovviamente ho visto Zeitgeist, come ogni complottista dell’ultim’ora che si rispetti. E ovviamente in tutte queste teorie ho sempre trovato molto di vero. E ho sempre pensato che dietro ogni cosa che vediamo c’è qualcosa di molto più complesso che difficilmente potremo mai conoscere con certezza.
Ho anche  assistito in questi anni alla lenta realizzazione di tutto quello che avevo letto nei libri, in periodi in cui sembravano solo teorie bizzarre. Ho assistito alla nascita dell’Euro. Alla dissoluzione virtuale dei soldi, sempre maggiormente sostituita dalle carte di credito e dalle transazioni on-line. Alla pubblicazione e diffusione delle foto dei convegni del Bilderberg. Al lavaggio del cervello compiuto dai media per indirizzare pareri e opinioni. Ho assistito a false pandemie. All’evoluzione di tecnologie sempre più complesse, ma sempre più diffuse tra le persone comuni. E ovviamente assisto quotidianamente alla crisi economica. Che ovviamente ha giustificato la presa di potere in Italia di un governo tecnico che, senza essere eletto da nessuno, segue alla lettera quanto è stato deciso dalla banca centrale europea, che è il nostro nuovo padrone, insieme ai mercati e alle agenzie di rating.
E ovviamente tale governo è formato da banchieri, alta finanza e gente che con disinvoltura ha partecipato al Bilderberg e alla Trilaterale, che è o è stato membro della Goldman Sachs e della Nato, ecc ecc ecc.
E quindi punto 1 ci siamo, ok.
Punto 2:  condivido con mio marito e la mia migliore amica la mia ansia perché “cazzo Mario Monti lo sapevate che è un  banchiere invischiatissimo e che anche altri al governo tecnico sono banchieri e invischiatissimi come lui? Ma volete dire che ci stanno inculando e che tutti sono felici perché non si rendono conto di cosa vuol dire, e che anche l’odio per Berlusconi è stato alimentato per consentire una specie di colpo di stato senza che nessuno si opponesse?” Ovviamente anche loro sono megaparanoici e ultracomplottisti, quindi non aspettavano altro che l’aggancio. E via ad alimentare la mia paranoia.
Mentre mangio un panino al bar, passiamo dal coinvolgimento dei centri sociali, allo screditamento pubblico di Berlusconi. Mentre bevo una birra prima di cena, ci spingiamo dalla crisi che in realtà non esiste ai microchip sottocutanei. Mentre fumo una sigaretta prima di aprire il negozio, parliamo di Papademos, del fallimento dell’Euro e del possibile avvento dell’Amerigo. Cazzo, nella mia mente tutto combacia perfettamente e crea un disegno oscuro ed inquietante stile 1984 che mi gela il sangue nelle vene!
Ok, quindi sono già sull’orlo del cedimento psicologico quando mi affaccio su internet per vedere cosa ne pensa la rete.
Ed eccolo lì, colui che mi avrebbe dato il colpo finale per gettarmi nel baratro. Eccolo lì, che non aspettava altro che mostrarmisi in tutta la sua potenza paranoica e in tutta la sua saggezza giornalistica: Paolo Barnard, con gli occhietti vispi, i ricciolini ribelli, i tic nervosi e l'aria preoccupata
.

Chissà come mai pur avendo vissuto tête-à-tête con il complottismo per anni, Paolo Barnard mi era sempre rimasto nascosto. Probabilmente perché il mio approccio è stato, come spesso mi succede, molto superficiale e legato a delle mode del momento. O forse è solo il destino. O forse c’è anche qui lo zampino del governo ombra.
Fatto sta, comunque, che vado a conoscere Paolo Barnard proprio nel mio momento di massimo stadio paranoide. Proprio nel momento di culmine del delirio e dell’ansia. E certo lui non aiuta un cazzo a tranquillizzarsi.
Improvvisamente le nostre chiacchiere da baretto, improvvisate e alimentate dall’abuso di alcol, diventano comprovate da un tizio megaqualificato e megaintelligente e megapreparato, che sa tutte le leggi e i trattati e i numeri e le altre cose difficili a memoria.  E lui la pensa anche molto peggio di noi.
Ascolto qualche video e leggo qualche articolo, e cazzo! Dice che c’è stato un golpe! Un momento però, questo lo dicevo anche io. Dice che ora le banche decidono tutto, e pure questo lo dicevo anche io. Dice che questo è un tassello nuovo della storia in cui quelli che governavano nell’ombra cominciano a governare alla luce del sole. E anche io lo dicevo, cazzo. O forse no, forse questo lo dico solo io. O forse solo lui. Cazzo, che ansia.
Bo, alla fine penso che forse sia Paolo Barnard a controllarmi la mente. Lui sa tutto quello che dico e penso, mentre Mario Monti no.
Ma poi sono io che penso quelle cose o me le hanno fatte pensare? O me le ha fatte pensare Paolo Barnard? Maledizione. E’ anche andato a Matrix, perché sa che amo la tivvù, e lì lo hanno trattato malissimo e questo gli ha fornito ancora più credibilità ai miei occhi. E se fosse stato tutto concordato e premeditato per mettermi nel panico?
Vabbè, però dai, anche mio marito e la mia migliore amica pensano le mie stesse cose. Forse allora è un complotto per danneggiare tutti e tre. O forse…vabbè, no dai…però….ma volete dire che…no, dai, è impossibile… Forse anche loro sono parte del complotto? No, dai…non è credibile. Però ora che ci penso una volta mi è sembrato che mio marito avesse una specie di seconda palpebra… Che sia rettiliano??? Ma aspetta i rettiliani li hanno inventati loro per farmi credere al complotto. O forse no, erano quelli creati da un falso complottista per screditarlo… O forse no, quelli esistono davvero…
  O mio dio! Dannato Paolo Barnard e dannati pomeriggi di cazzeggio senza niente da fare….E dannato metodo filosofico del dubbio iperbolico che mi porta a mettere in discussione tutto e il contrario di tutto.
Comunque quanto scritto è evidentemente un delirio paranoide, non c’è nessuna verità nascosta oltre a quella che mi pare evidente e a quella che dice Paolo Barnard. E anche se ci fosse, non sarebbe conoscibile. E anche se fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile. Almeno, così diceva Gorgia. Parlando di tutt’altro ovviamente. Ma purtroppo l’unico lavaggio del cervello che sono sicura di aver ricevuto, quello all’Università, mi obbliga a citare a cazzo filosofi di cui mi ricordo giusto il nome e altre due stronzate qualunque. Quindi scusatemi il delirio. Sono di pessimo umore ora, confusa, arrabbiata e in preda all’ansia senza nessun motivo. Chiunque stia tramando contro di me, oggi può dirsi soddisfatto!

giovedì 24 novembre 2011

Singin' in the rain - L'alluvione ad Alessandria


10 Novembre 2011

Oggi la mia città dorme tristemente fino a tardi. Anche se dovrebbe essere un giorno di festa e allegria perché si celebra il suo santo patrono, uno sconosciutissimo San Baudolino, che poteva fare giusto il patrono di Alessandria. 
 E’ stata una settimana di pioggia battente. I fiumi sono esondati e hanno allagato campi e strade e case e supermercati.
Tre giorni fa pioveva così forte che i tombini rigurgitavano acqua, anche loro stanchi e spossati dal troppo fango che avevano da smaltire.
Tre giorni fa hanno chiuso tutte le strade statali e passavano gli elicotteri della protezione civile per comunicare ai cittadini lo stato d’allerta.
E’ stato così bello tre giorni fa. Tutti avevamo qualcosa da dire, da raccontarci, da condividere. Tutti con la stessa faccia, preoccupata ed eccitata dal disastro.
Sì, oggi la mia città dorme, non ha voglia nemmeno di festeggiare il suo Patrono. Purtroppo non è più tre giorni fa. Tre giorni fa era viva.
Anzitutto tre giorni fa parlavano di noi in tivvù. E questo è già tutto. Avere la Cesara Bonamici che racconta i disastri che tu stai vivendo in prima persona ti fa sentire davvero importante e coccolato. Wow, il mondo sa che ci siamo adesso! Qualcuno starà pensando a noi! Forse qualcuno sarà addirittura preoccupato o fingerà di esserlo. E’ una meraviglia pensare che, magari a 250 km di distanza da casa tua, qualcuno sta dicendo “hai visto che disastro lì ad Alessandria”…già, parlano di noi, pensano a noi.
Come alla figlioletta malata della famiglia, che diventa la preferita per la sua debolezza: per lei si ha un amore particolare, un pensiero in più nella giornata, e i fratelli e le sorelle ben presto capiscono che chi sta male di solito viene amato di più degli altri, viene coccolato di più, il primo pensiero della giornata di mammina andrà sempre a lei. Motivo per cui fratelli e sorelle di persone malate sono molto spesso ipocondriaci. Sanno che solo il dolore suscita l’amore e la considerazione degli altri.
Eh già, la nostra città, che difficilmente può essere amata per altri motivi, conosce bene questo meccanismo. E infatti di solito nessuno la ama. Nessuno parla di lei in tivvù. Nessuno vuole stanziare dei fondi statali per migliorarla in qualcosa.
Ogni giorno dell’anno trascorre senza che nessuno sappia nemmeno della sua esistenza. Non è Milano, Napoli, Firenze, Bologna, Palermo, Torino, Venezia. Non c’è il Colosseo e nemmeno acqua e topi fino alle porte delle case come tanto piace ai turisti. Non c’è mafia né criminalità, almeno non di spicco, diciamo. Qualche delitto efferato sì, ma in provincia. Non siamo di certo quei superprivilegiati di Novi Ligure. In molti non sanno neppure che è in provincia di Alessandria e danno tutti i meriti del caso alla Liguria, dannazione.
E questo anonimato è snervante. Tanti di noi, in fondo al cuore, temono che se un giorno Alessandria venisse assorbita dalle viscere della terra o integralmente rapita dagli alieni, nessuno se ne accorgerebbe.
E’ una città fantasma. Che fa da sfondo a tutte le altre città bellissime e amate da tutti che costellano l’Italia. E’ la ragazza bruttina che nessuno invita ad uscire, che nessun ragazzo nota, abbagliato dalla bellezza delle sue coetanee.
Sì, in questa penombra, avvolti dalla nebbia, soffriamo in silenzio per l’indifferenza del mondo. Soffriamo perché non abbiamo niente da raccontarci. Perché non succede mai nulla.
Ma tre giorni fa non era così.
Certo, Genova ha cercato di rubarci la scena. Se lì non fosse successo quel disastro esagerato  saremmo stati più tranquilli e felici, perché saremmo stati noi le superstar della settimana. Purtroppo non è andata così, ma non ci lamentiamo di questo. Subito dopo Genova, eccoci lì. Tutti noi. Ovada, Serravalle, Capriata, Spinetta, Castellazzo, Roccagrimalda. Alessandria! Quartiere Orti! Tanaro, Bormida, Stura e Scrivia! Abbiamo finalmente avuto il nostro momento di celebrità.
E tutti felici e tronfi ci siamo ritrovati a parlare di tutto quello che avevamo visto per le strade. Nonostante la pioggia, tutti erano in giro. Ognuno aveva un aneddoto da raccontare. Anche la persona più insignificante e timida, si aggiungeva ai gruppi di persone a snocciolare racconti dettagliatissimi su come aveva ripulito il suo garage dal fango. O su come era scampato dall’esondazione del Bormida.
Certo, ognuno ha infiorettato il proprio discorso quanto più ha potuto. Chi ha visto auto galleggiare. Chi addirittura una volante dei carabinieri sommersa. Chi ha visto straripare torrenti e fiumi che nemmeno esistono ad un metro da sè. Chi ha salvato il proprio cane dall’annegamento.
Tutti sono stati ascoltati. Ogni racconto era considerato interessante e riportato alle persone che non lo avevano ascoltato direttamente.
E non solo tutta la città, ma anche il singolo emarginato sociale ha avuto il suo momento di gloria. Di celebrità. Di unione con gli altri. Nessuno si è sentito solo. Ci siamo coccolati a vicenda. Tutti a confortarci. A sperare che non fosse come l’alluvione del ’94. Ma ovviamente contemporaneamente anche a sperare che lo fosse, per avere ancora un po’ di quel doloroso calore che porta la disgrazia. Quella triste eccitazione, quel dolce senso di comunione.
E ovviamente le luci della ribalta! Dello showbiz!
E anche per avere un nuovo metro di paragone e di giudizio delle disgrazie: l’alluvione del 2011…ci ha stufato a tutti parlare del ’94. Ormai sono passati più di 15 anni. Ci si vergogna quasi a non aver avuto altre tragedie per tutto questo tempo.
E invece purtroppo è tutto finito. Abbiamo atteso la piena del Tanaro col fiato sospeso, ma invece niente. Sì, ieri Spinetta si è di nuovo allagata, ma ormai non interessa più nemmeno a chi vive lì. E’ solo rimasto tanto da asciugare. Tanto da ripulire. Strade da rifare. Immensi laghi di fango da osservare placidamente in silenzio.
Quel luccichio glorioso se ne è andato insieme allo stato di allerta. Non si ha più voglia nemmeno di raccontare le proprie disavventure di quei giorni, è tutto già sentito. Siamo tornati soli con la durezza della realtà che ci circonda. Con molto da fare e pochissimo da dire.
E così oggi la mia città è ritornata alla sua triste normalità. E nessuno esce di casa, non è più come tre giorni fa quando era pericoloso. Ora se ne stanno tutti chiusi lì. A riappropriarsi con ancora più dolore della propria solitudine, del proprio anonimato e del proprio insignificante patrono del cazzo, di cui sicuramente non si parlerà alla tivvù.

martedì 22 novembre 2011

Il PICCOLO-DEL-VENERDI’ ovvero L’ESSERE-PER-LA-MORTE

La morte sovrasta l’esserci”. Così direbbe Heidegger.
Il Piccolo-del-venerdì. Lo prendo per vedere i morti”. Così direbbe un alessandrino qualunque.
Ma la sostanza è la stessa.
L’aspetto più affascinante del vivere in un luogo brutto e triste è vedere quanto la depressione di un territorio si attacchi inevitabilmente a chi lo vive.
Vivo in una città brutta e triste, dove il colore predominante è il grigio. Il grigio della nebbia. Il grigio dei palazzoni industriali. Il grigio dell’animo delle persone.
Sì, grigio. Nemmeno nero, che ha troppo significato in sé. Il grigio, che è esempio di mediocrità. Del mescolarsi di due opposti che diventano qualcosa di tristemente qualunque. Un colore non riconoscibile, senza personalità, che più di qualunque altro esprime depressione e malessere.
Il grigio di questa città ti si appiccica addosso come la sua umidità. Ti entra nel corpo e lo senti dentro di te, senti che ti fa lentamente marcire. Ti si attacca come un’immensa muffa dell’anima. Lentamente si nutre delle tue risorse vitali. Ti divora dall’interno.
E’ impossibile vivere qui senza pensare ossessivamente alla morte.
Sarà che tutti si sentono divorati. O sarà che la terra marcia non può che dare frutti marci. O sarà che il pessimismo delle persone modella anche i paesaggi e la natura circostante. Fatto sta che qui si respira aria di morte quotidianamente.
E soprattutto il venerdì. Giorno nel quale ogni alessandrino che si rispetti pensa attivamente alla morte di chi gli sta intorno. Il venerdì esce il Piccolo con la pagina dei morti. O meglio con le pagine dei morti. Con le tantissime pagine dei morti. Ci sono proprio tutti. E più si ama una persona, mi è stato spiegato, più si dedica spazio al suo necrologio.
E così il venerdì non si può mancare all’appuntamento. Non si può fare a meno di vedere le foto in bianco e nero, stampate malamente, delle persone che finalmente ci sono arrivate lì, sul Piccolo. Che finalmente ci sono arrivate lì, alla morte. E che finalmente sanno di essere state amate. E lo possono mostrare a tutti.
Il venerdì l’alessandrino lo dedica al proprio culto dei morti. Anzi, al proprio culto della morte. A guardare attentamente quei volti immaginando come sarà il suo. Quale foto sceglieranno per lui. Quali frasi.
Chi vive qui sa perfettamente che morirà.
E no, non è vero. Non tutti lo sanno. Tendenzialmente l’uomo vive senza pensare alla morte, alla propria morte. Ci si sente tutti eterni in qualche modo. Non la si pensa mai lucidamente e quando lo si fa, terrore e sconforto gettano l’individuo nel baratro del nulla, da cui si esce con grande fatica e solo aggrappandosi all’inutile idea che è meglio non pensarci. Non avere paura. Ci si penserà quando sarà il momento. Ecc ecc. E si torna a vivere. Ad esserci. E la vita sovrasta l’esserci.
Invece chi vive qui sa perfettamente che morirà. E ogni venerdì vuole che quel pensiero, che lo accompagna ogni giorno, diventi reale sulle pagine di un giornale. Chi vive qui sa che è la morte che sovrasta l’esserci e non la vita.
Chi vive qui impara ad amare la morte. A vederla come il traguardo della propria esistenza. Non si piange ad Alessandria se muore qualcuno. No. Si aspetta il venerdì per rendergli omaggio, comprando il giornale e percependo realmente il senso della fine.
E, tengo a precisare, chi vive qui è consapevole della propria morte, non solo di quella altrui. Attraverso le pagine di quel giornale, attraverso le foto e le frasi, attraverso il culto della morte ci si avvicina pian piano a quella percezione tanto temuta dalle persone che amano l’esserci e la vita. Ovvero che è tutto scandalosamente transitorio. Tutto finisce. Forza e coraggio che la vita è un passaggio. Prima o poi ci troveremo tutti su quel giornale e da quelle pagine la nostra foto aiuterà altri giovani di belle speranze a capire, venerdì dopo venerdì per tutta la vita, che è inutile prendersela troppo. Quello è il tuo traguardo. Ed è un nobile traguardo. Perché sarai d’aiuto ad altri nell’acquisire la consapevolezza della morte. E perché lì sarai amato come mai quando eri solamente vivo.

La morte è una possibilità di essere che l'esserci stesso deve sempre assumersi da sé. Nella morte l'esserci sovrasta se stesso nel suo poter-essere più proprio. In questa possibilità ne va per l'esserci puramente e semplicemente del suo essere-nel-mondo. La morte è per l'esserci la possibilità di non-poter-più-esserci.” Così direbbe Heidegger. Se fosse vissuto ad Alessandria, avrebbe sicuramente apprezzato il Piccolo del Venerdì e la sua lunga tradizione.

Per chi vive qui è chiaro che la morte è superiore alla vita. Che è la morte che tiene in mano le redini dell’esserci. Che sarà lei a decretare quando i giochi e le illusioni finiranno.
E fin da bambini, di venerdì in venerdì, percepisci quanto è sempre più vicina. Percepisci che arriverà l’ultimo venerdì in cui guarderai gli altri su quelle pagine.
Ma non con dolore. Con consapevolezza.
Chi vive qui scherza sulla morte. Dice “prendo il Piccolo per vedere i morti. Chissà che ci sia anche io questa settimana”. Chi vive qui vuole vedere la morte e vorrebbe avere la fortuna di vedere la propria morte, su quel giornale.
Già. Chi vive qui. Chi vive qui sa che in realtà qui non si vive. Qui si muore.

MTV l'ha fatto!

Tra le pochissime cose che amo del mondo c'è la televisione. Amo la televisione perché al contrario dell'arte, della cultura, della filosofia, della matematica e della fisica, non ha nessun tipo di problema a mostrare la bassezza che contraddistingue l'umanità.
Le "sfere alte" dell'intelletto e dello spirito se ne stanno lì con la loro spocchia a mostrare quanto in alto può arrivare l'essere umano, quante cose meravigliose può fare con la sua mente e con le sue mani, quante idee stupende possono rivoluzionare il mondo in un momento.
Le "sfere alte" se ne stanno lì con la loro spocchia ad additarti mentre sei ad oziare sul divano senza voglia di fare assolutamente un cazzo né per te, né tanto meno per l'umanità. Ti additano come dei genitori rompicoglioni che non vogliono che tu disperda l'esistenza in futilità, che si aspettano impegno e bo, cose tipo partecipazione (o mio dio no, non voglio assolutamente partecipare a niente per principio da quando sono una bambina di 12 anni che si rifiutava di partecipare alle feste di compleanno dei suoi compagni).
Invece la televisione non è così. Non ha spocchia, né presunzione. Non ti giudica se ozi sul divano, anzi ti tiene compagnia. Ti aiuta a darti giustificazioni se decidi di buttare un'altra giornata della tua vita nel cesso. E mentre l'ennesimo libro spesso che ti sei comprata sulla filosofia dei numeri ti osserva con sdegno dallo scaffale su cui lo hai depositato settimane fa, poco più sotto la tua amica e sorella tv non ti nega un sorriso, quattro chiacchiere e un po' di colore nella tua altrimenti grigissima giornata.
E questa tua coraggiosa amica se ne sta lì e non ti parla di quanto è meravigliosa l'umanità per farti sentire una merda totale, ma ti fa vedere che tutti sono una merda anche molto peggio di te. Che tutti siamo qui a sprecare le nostre vite nel modo peggiore. perché siamo liberi di farlo e anche contenti di poter essere insignificanti. E anche quando cerca di mostrarti programmi e spot che dovrebbero essere in qualche modo formativi, in realtà non riesce ad essere credibile e risulta ancora più nichilista di quando cerca di intrattenerti stupidamente. Sì, quando la tv cerca di darsi un tono e di farsi impegnata, mi fa tantissima tenerezza, poverina. Sembra quei bambini down che poi imparano a contare e tutti gli dicono "ooooooh che bravo". Sembra quelli senza gambe di Berry che poi un giorno strisciando riescono ad arrivare da soli al cesso e tutti stanno lì e dicono "oooooh che bravo". Insomma si capisce che la tv non è nata per scopi alti, così come si capisce che il down non è nato per riformulare la teoria della relatività. Tuttavia ci provano e riempiono il cuore di tristezza quando lo fanno.
E questa tristezza, di chi non è nato per fare una cosa ma decide di farla lo stesso, sta alla base di quello di cui vorrei parlare oggi: MADE.
Tra le tantissime cose che amo della tv c'è MTV. E tra le tantissime cose che amo di MTV c'è MADE.
Made è un programma a dir poco osceno per la sua bruttezza e raccapricciante per la sua idea fondante. Tale idea è più o meno la stessa falsa illusione che sta alla base dello stolto ottimismo e dell'idiota voglia di fare tipica degli americani (almeno nella visione assolutamente e volutamente stereotipata che ne ho io). Ed è cioè questa: io sono nata grassoccia e bruttarella, timida e schiva, ma molto portata per la letteratura e la poesia, però un cazzo di inutile giorno mi fisso che no, è meglio non perdere tempo cercando di diventare una scrittrice, ma voglio diventare una reginetta di bellezza nonché contorsionista e andare alle olimpiadi di ginnastica artistica tra due settimane. E meno male che c'è MTV lì che ti aspetta, che anziché dirti "basta con le stronzate, su, torna in te!" e darti uno schiaffo per riportarti al senso della realtà, decide di aiutarti perché la tua è una storia che vale la pena di essere raccontata(???). E così, in men che non si dica, ti affianca un essere che tendono a definire COACH e da qui parte la solita tiritera tutte le volte: ci provo, non ci riesco, piango, voglio lasciare, il coach mi fa un discorso sull'autostima e allora io poi credo in me ed allora : FATTO!
Nella meravigliosa puntata di oggi c'è un promettente ragazzino, molto sveglio ed intelligente, con un'ottima parlantina, ma non molto dotato fisicamente, anche perché malato di asma, che improvvisamente decide di fare il calciatore, pur odiando lo sport e il calcio da una vita. E così abbandona ciò che gli viene benissimo per diventare uno che gioca a calcio da schifo e che non lo vuole nemmeno fare.
MTV gli mette vicino un superfighissimo coach, calciatore, ignorantello, che crede tantissimo nell'autostima e nel "certo, puoi farcela anche tu , basta volerlo, fa niente se hai gli attacchi d'asma, ecc ecc"
E così sto ragazzino, che in realtà vuole fare il calciatore solo perché il suo per quanto abbastanza sviluppato cervello è obnubilato dagli ormoni e vede nel calcio una breve via verso la sua prima volta, si ritrova a dover accantonare delle altre cose che faceva e in cui era un leader...tipo una fantomatica gara di discorso o una cosa del genere, che non ricordo bene, ma che comunque in Italia non esiste, una cosa in cui ti mettono su un palchetto e devi dimostrare la tua eloquenza, credo, cosa nella quale il povero ragazzetto era NATURALMENTE PORTATO, e infatti vince già dalla prima volta che partecipa. E poi lascia la sua più grande passione: il teatro, poverino. E tutto quello che è fatto per lui e che lui sa fare. E viene buttato in una tre giorni di selezione con tutti i calciatori più bravi della sua scuola in cui un altro coach deve selezionare chi sarà nella squadra l'anno successivo. Ovviamente lui è il peggiore di tutti lì, e nonostante MTV abbia sicuramente provato a corrompere il coach numero 2 per convincerlo a scegliere l'inetto e per far trionfare il buonismo e mtv che tutto può fare come dio, il coach non ce l'ha fatta e non l'ha scelto. Tutti però ovviamente dicono la classica cosa che no, non hai perso, hai vinto, perché hai vinto i tuoi limiti ecc ecc... le solite cose a cui nessuno crede. In realtà hai perso totalmente e in tutto.
E pensare che sto ragazzino a un certo punto, povera stella, dopo aver avuto un attacco d'asma e aver vomitato, ha una sorta di ri-presa di coscienza e dice "nooo mollo, anche perché nn solo non sono capace e ho l'asma quindi rischio di morire, ma il calcio mi fa pure schifo. Invece il teatro lo amo, ieri ho visto rochihorrorpicturesciò e mi sono commosso, quello è il mio mondo."
Ma meno male che queste cose le dice al suo coach, che non lascia spazio ai piagnistei di uno che non vuole più provare a fare una violenza totale sul proprio spirito e, in questo caso, anche sul proprio corpo! E meno male che c'è lì il coach che con qualche massima sull'autostima (che non so perché, ma risulta essere sempre il nodo cruciale di ogni puntata, come se fosse l'unica cosa che tiene lontana una cicciona dalla carriera di modella e un asmatico da quella di calciatore) e qualche massima in generale dà di nuovo al ragazzino la carica che gli mancava.
E meno male che ci sono anche i suoi zoticissimi genitori che a un certo punto gli dicono, molto affabilmente "guarda se lasci ora il calcio NON TI DAREMO PIU' IL PERMESSO NEMMENO DI TORNARE A TEATRO, NON POTRAI FARE PIU' NIENTE PER TUTTA LA TUA VITA PERCHE' SE MOLLI ORA UNA COSA E' COME SE MOLLASSI TUTTO PER SEMPRE" ?????????? Ma cioè, ci rendiamo conto? E così il ragazzino torna a calcio. Ecc ecc.
Ecco FATTO! MADE!
Mtv da buona tv per i giovani americani si ostina a mandare uno di quei messaggi che io ho sempre reputato tra le cose più stupide che cercano di inculcarti in quest'epoca moderna: se credi e vuoi tanto una cosa, ti ci impegni e ci metti tutto te stesso, ci riuscirai. Non arrenderti a quello che sei. Metticela tutta e potrai essere quello che vorrai.
Ecco, tutto ciò non è assolutamente vero. Ogni essere umano nasce completamente differente dagli altri. Ha già per sua natura un bagaglio in dotazione, talvolta ricchissimo, talvolta un po' limitato. Ognuno ha la sua zavorra di innatismo da portarsi dietro. Fanculo le tabule rase e tutto il resto. Cazzate. Certo il tuo bagaglio di innatismo è fortemente modificabile in base al corso della tua esistenza e anche in base alla volontà. Su questo concordo. Tuttavia ritengo anche che nella vita di ogni uomo ci sia un fondamento di predestinazione, non in senso teleologico cristiano, bensì in senso più ampio, di predeterminazione del proprio destino in base al proprio bagaglio innato. Ovvero, se nasco con una spiccata tendenza alla scrittura, con un amore verso essa apparentemente inspiegabile, è altamente probabile che il mio destino sia in quella direzione, piuttosto che in quella calcistica diciamo.
Questo è da molti ritenuto uno scempio perché sembra toglier libertà e potere all'essere umano. Ma effettivamente è così. Non siamo liberi e potenti di fronte a tutto. Siamo comunque schiavi dei nostri limiti, che prima o poi nella vita vanno riconosciuti. E non è vero che i limiti ce li si mette da soli perché si crede di averli o per stupide questioni legate all'autostima. I limiti umani sono ontologici. Sono propri dell'essere.
Trovo vomitevole la tendenza contemporanea a far credere all'uomo di essere onnipotente e di legare tutto alla sua volontà.
La volontà ha un ruolo centrale nell'attuazione di ciò che è innatamente presente nell'individuo. Essa estrinseca e potenzia ciò che l'io individua come peculiare del proprio essere. Diciamo piuttosto che a parer mio è grande virtù di taluni uomini saper riconoscere molto presto ciò per cui sono nati, la loro peculiarità. E così non disperdono energie e volontà nell'inutile perseguimento di strade che non sono le loro, in cui non potranno mai eccellere. E nemmeno trovare equilibrio, pace interiore o felicità, a seconda di quello che la loro cultura gli insegna a cercare.
La volontà rende eccellenti coloro che riconosciute le doti innate del loro essere, dedicano l'esistenza terrena al potenziamento di esse. Niente è FATTO. Tutto è un continuo lavoro di volontà su ciò che è una base preesistente anche alla vita stessa dell'individuo.
Uno dei grandi problemi della nostra società è che a niente e nessuno è più riconosciuto un ruolo che in maniera spontanea abbracci e coincida morbidamente con le peculiarità di colui che lo compie.
La grandezza della Repubblica di Platone stava lì, nell'ipotizzare una società in cui ognuno faceva ciò per cui era nato. Ciò che amava. Ciò che sapeva. E questo secondo un criterio di naturalezza totale per cui io nasco e amo coltivare la terra, e quindi coltiverò la terra e diventerò eccellente in questo e tutti godranno della mia sapienza nel coltivare la terra. Non tutti possono (e nemmeno vogliono) diventare filosofi, sportivi, artisti, detentori del potere. Ma non per limiti sociali o di "casta" , bensì per non stravolgere l'essere e l'essenza del singolo.
Questa è un'impostazione della società che fa venire la pelle d'oca a molti fautori del libero determinismo dell'uomo all'interno dell'esperienza terrena della sua vita, perché in esso non riescono a cogliere il principio di grande rispetto verso ogni prerogativa dell'essere uomo. Si preferisce far vincere la più facilmente digeribile ipocrisia del pensare che tutti possano tutto, perché a conti fatti il pensare che tutti possano tutto è dal punto di vista filosofico equivalente al pensare che nessuno possa niente, come effettivamente è nella realtà della nostra società. Vediamo in tv un estremo irrealizzabile portato su di un piano virtuale e pensiamo quanto lontana sia la nostra realtà in cui ogni porta è chiusa. Ed è comodo far credere che la colpa del fatto di non arrivare sia di chi non arriva, perché non ci crede abbastanza o qualche cagata simile. Viviamo nel paradosso completo per cui ognuno (o quasi) alla fine fa o ciò che non vuole o ciò per cui non è portato.
E allora va bene.
Aspettiamoci un mondo in cui la scrittrice sarà contorsionista e l'attore di teatro sarà calciatore. E quello che ha sempre voluto fare l'attore di teatro si ritrova a fare il salumiere, anche se sarebbe un bravissimo attore. Un mondo in cui nessuno amerà la propria attività perché non è la sua e in cui nessuno eccellerà perché non ha perseguito il proprio destino.
E meno male che in tutto questo c'è MTV che ci dà una mano, pronta a fornirci i suoi coach e il suo supporto. E così ciò che non può l'Essere, può la tv. Ciò di fronte a cui la metafisica ci insegnerebbe ad arrestarci, oggi grazie a MADE è in men che non si dica FATTO!

venerdì 21 ottobre 2011

Bene non è benissimo


Sicuramente l’autocommiserazione non è una cosa che mi appartiene. Di più, sicuramente l’autocommiserazione non è una cosa che sopporto. Di più, l’autocommiserazione mi rende violenta e spietata. Di più, per me l’autocommiserazione è di per sé ragione sufficiente (anche se non necessaria ) per giustificare un nuovo olocausto.
Sicuramente non è facile dunque per una persona come me abitare nella terra del lamento e del pessimismo. Specifico, non il pessimismo cosmico che aveva un affascinante respiro trascendentale, bensì quello mediocre dei poveretti, il lamento fastidioso di gente a cui non succede assolutamente nulla nella vita e che quindi deve aggrapparsi ad eventi totalmente insignificanti pur di lagnarsi.
E la loro misera esistenza da esseri lagnosi consiste principalmente nella ricerca di un altro da sé con cui condividere tali lagne. Perché l’unica cosa assolutamente necessaria per la vittima della società non è assolutamente una società che li renda vittime, bensì qualche povero cristo che magari ha un negozio e che quindi lascia aperta la porta a chiunque voglia entrare, un povero cristo che lo ascolti e che annuisca a quello che dice.
L’unica misura di relazione conosciuta e cercata è quella che si fonda sul confronto, che immediatamente diventa sfida, e poi subito dopo scontro, tra le disgrazie della vittima e quelle del povero cristo. E in questa situazione, per me ormai quotidiana, ecco che improvvisamente la vittima diventa carnefice, nella miglior tradizione alla Philip Zimbardo, scaricando tonnellate di inutile linguaggio spazzatura sull’interlocutore. E io, interlocutrice, che odio il vittimismo, divento non solo vittima, ma anche povera crista, cioè la dea di tutte le vittime del pianeta. E’ una cazzo di situazione che odio. Anche perché, come noterà il mio lettore, mi obbliga a lamentarmi.
A questo punto le strade sono due. Io sarei una guerriera, o forse lo ero e non lo sono più, non so, però diciamo che essendo in territorio nemico, anche se sono nel mio negozio, in quanto il mio negozio è ubicato in terra nemica, e siccome non ci sono alleati all’orizzonte e sono totalmente sola, e siccome soprattutto non ho voglia di immolarmi per una causa che sì sinceramente non è proprio la più importante della terra, ecco allora, anche se sono guerriera e vorrei iniziare subito il mio olocausto cominciando a mietere la prima vittima, penso di non avere intorno le condizioni adatte e quindi scelgo la strategia del mimetismo. Cerco di essere come loro. Di mantenere un basso profilo e mi presto allo scontro.
Scontro nel quale è assolutamente inutile cimentarsi in quanto, anche se uno si impegna con tutte le sue forze, e recupera episodi della propria esistenza che farebbero piangere anche il bambino della Kinder, e che farebbero dire pure al più lagnoso esistenzialpessimistapoetamaledettocrepuscolarscapigliato “bè, però cazzo, tutto sommato te la sei passata male anche tu” , ecco, anche se ti impegni a rendere tutto più triste del triste, anche se alla fine menti e non racconti più di te, ma magari racconti la trama di “La bellissima estate” o dell’”Ultima neve di primavera”, ecco, comunque, per quanto di certo il tuo vocabolario sia estremamente più ricco e la tua fantasia più fervida e sicuramente più macabra, ecco, anche se a 15 anni cazzo eri pure dark, quindi più di così, ecco, comunque al tuo interlocutore alessandrino è andata peggio che a te.
Ma non gli è andata peggio nel senso che gli è successo qualcosa, qualunque cosa, no, è l’attitudine che tende al disfattismo totale che a me manca e per cui non posso competere. E’ un modus vivendi che non è mio e lui lo sa, lo sente nell’aria, dall’odore della mia pelle. Puzzo di ottimismo e vitalità, di gioventù e salute. Non piacerò mai agli alessandrini per questo motivo. Non sono una di loro e loro lo sanno subito.
Da quando entrano in negozio e mi chiedono “Allora come va?” .
Poi un giorno è successo. Entra uno degli uomini più validi dell’esercito degli Autocommiseratori e mi pone la domanda di rito per poter iniziare la solita disfida. Ma mi coglie sovrappensiero e mi sbaglio e dico la verità, dico “bene”. E allora penso ecco forse così ho vinto, forse l’ho messo in scacco perché non si aspettava questa risposta. Ecco, forse oggi lo porto nel mio terreno, quello in cui posso vincere, il terreno che odia il lamento e il vittimismo, ecco forse l’ho scampata e non dovrò sorbirmi 5 ore di racconti di quanto cazzo sei povero prendendo 1500 euro di pensione al mese (???), di quanto sei stanco delle code in posta, di quanto hai litigato con tua figlia per come si cucina la lepre, dell’incidente in auto che ha avuto tuo cugino di 9° grado in cui cmq non si è fatto niente ma ora la macchina è ammaccata –bè c’è l’assicurazione, -eeeeeeeeeh bè, ma quelli i soldi chissà quando glieli danno, dei 34761328765 tumori che hanno i suoi 456378765 parenti, di quanto sua figlia sia una rompicoglioni perché gli sbologna sempre la nipote (ma come, l’amore dei nonni???), di quanta fatica ha fatto a togliere tutti i pezzettini di carta dal suo balcone per colpa di quel maledetto pazzo del vicino di sopra (o come si dice…) che ogni volta legge il giornale poi lo fa a pezzi e lo butta tutto sul suo balcone. Ecco forse oggi tutto questo non succederà. Non gli ho dato l’aggancio. Ho sempre sbagliato a fingermi come loro e a mettermi in questo gioco al massacro in cui sarei sempre stata perdente e in cui avrei sempre e cmq, nonostante gli sforzi, mostrato la mia diversità essenziale.
Sì, la soluzione era questa. Mostrarmi senza paura. In tutta la mia forza e positività. “Allora, Come va?” “Bene”…..però a quel punto il mio avversario capisce che voglio evitare lo scontro, sente l’odore della mia paura. E allora, con espressione luciferina e voce infernale, dice quella frase che fa capire tutto…che fa capire che sa che volevo evitarlo. Che fa capire che io so di essere perdente in questo campo. Che fa capire che vorrei fuggire perché lui è superiore. “EEEEEEH (sospiro) BENE NON E’ BENISSIMO….”
Sì, cazzo, hai ragione, hai vinto, sei tu il mio Dio e Signore dell’autocommiserazione, Non potrò mai competere. Hai capito tutto. E anche oggi hai vinto.
Rimango senza parole, e lui attende che io attacchi con qualcosa che mi è andato storto, ma lì sul momento sono spiazzata, non mi viene in mente niente. Non so cosa dire e faccio il primo grande errore dello scontro, lascio a lui il tempo di prendere parola. E così comincia il solito massacro. Non posso far altro che gettare le armi e sopportare il dolore sperando che tutto sia il più breve possibile. E poi riprendere, come sempre da perdente, la mia purtroppo felice esistenza.